Page 98 - I templari e il filo segreto di Hiram
P. 98
pagina n.97 420451_LAVORATO.pdf
Di analoga, immensa portata storica fu la decisione di
attribuire la corona regia a Stefano Arpád: in tal modo istituì un
nuovo regno nella valle del Danubio, vasto quanto la Francia. In
quegli anni il popolo magiaro, giunto nomade dalle immense
steppe dell’Asia, si era convertito alla luce del cristianesimo
dopo terrificanti scorrerie in Germania e nella Valle del Po, e
aveva scelto Roma e non Costantinopoli come faro di civiltà,
diversamente dai russi che avevano privilegiato Bisanzio. Un
popolo di recente conversione, che non avrebbe tradito la fiducia
accordata. Questo nuovo regno fu un meraviglioso colpo d’ali di
un papa lungimirante, assai remoto alla miopia che
contraddistingueva i suoi predecessori e che avrebbe
caratterizzato molti suoi successori. E con quel gesto sovrano
proclamò di fronte al mondo il primato universale del papa di
Roma.
Ma se il lontano popolo magiaro lo gratificò, a deluderlo
provvidero i Romani, verso i quali Silvestro II commise un
evidente errore di valutazione.
I Romani del X secolo non avevano nulla da spartire con i
Romani di mille anni prima.
Il popolo di Roma si era ridotto a un’accozzaglia miserabile,
senza dignità, priva d’ideali: accattoni pronti ad azzuffarsi per un
tozzo di pane; un popolo di lenoni e puttane, al quale la
“renovatio imperii” vagheggiata da Silvestro II e Ottone III era
remota quanto una tremula stella nel cielo invernale. Che se ne
facevano quei bruti dei simili colpi d’ala?
E il popolo romano non fu riconoscente a quel grande papa.
Ben presto le sue vaste conoscenze scientifiche ed esoteriche
furono scambiate per poteri magici.
Gerberto d’Aurillac, scrittore geniale, brillante oratore,
scienziato come da secoli non ce n’erano stati e come non ce ne
sarebbero stati nei secoli successivi, esperto tanto nelle scienze
sacre quanto in quelle profane, dotto in matematica, geometria,
medicina, alchimia, astronomia, teologia e filosofia, conoscitore
della forza arcana del vapore e dei numeri arabi appresi in
Spagna, in grado di eseguire mentalmente calcoli che ai suoi
contemporanei sembravano straordinari, altrimenti impossibili
con i tradizionali numeri romani, patì la peggiore delle
umiliazioni!
Poteva essere diversamente?
97