Page 246 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                pretesa  di  pervenire  alla  conoscenza  del  reale  tramite  “idee”
                chiare e distinte. Essenziale, in questa polemica fu il rifiuto degli
                “eruditi” a riconoscere qualsiasi prova ontologica dell’esistenza
                di Dio, qualsiasi concezione convenzionalista della matematica e,
                soprattutto,   qualsiasi   accostamento   ai   “vaneggiamenti”
                neoplatonici. Per quanto riguardava la scienza, le posizioni degli
                “eruditi”  erano  molto  vicine  a  quelle  del  filosofo  Hobbes  che
                tendevano a privilegiare esclusivamente l’intuizione, l’analisi e la
                sperimentazione  empirica.  In  quanto  all’etica,  in  radicale
                contrapposizione  alla  rigida  e  asfissiante  morale  cattolica,  gli
                “eruditi”  s’ispiravano  all’epicureismo,  elogiando  la  personale
                ricerca  della  felicità  e  del  piacere  che,  però,  le  virtù  della
                tradizione  stoica,  che  della  felicità  sono  una  componente
                essenziale.  Un  altro  circolo,  contemporaneo  agli  “eruditi”,  fu
                quello dei “naturalisti”, di cui fece parte lo scrittore Cyrano de
                Bergerac,  che  privilegiavano  un  panteismo  naturalistico  e
                rinnegavano concezioni antropomorfiche del divino: no, Dio non
                aveva forgiato l’uomo simile a se stesso! Alcuni dei “naturalisti”,
                però,  si  spinsero  a  formulare  ipotesi  di  ateismo  basato  su
                dinamiche naturali.
                     Tendenzialmente  “libertineggianti”,  articolati  in  circoli
                minori oppure operanti in maniera autonoma, furono molti poeti
                francesi  dell’epoca,  tra  i  quali  alcuni  abati,  che  nei  loro  versi,
                lontani  da  qualsiasi  indirizzo  filosofico,  esaltavano  la  ricerca
                della  felicità  attraverso  intense  emozioni  e  sensazioni,  anche
                carnali, con spiccata avversione verso l’ipocrisia e la menzogna.
                     In  molti  di  questi  circoli  tornò  in  voga  la  tesi  dei  “tre
                impostori” attribuita all’imperatore Federico II di Svevia, dove
                Mosè,  Gesù  (più  ancora  il  suo  alfiere  Paolo  da  Tarso)  e
                Maometto sono considerati i tre grandi mistificatori dell’umanità.
                     Secondo  questa  tesi  le  tradizionali  “religioni  rivelate”  si
                basano sulle naturali paure dei popoli, che generano superstizioni
                e mostri dogmatici. In un simile contesto le “religioni rivelate”
                sopravvivono,  prolificano  e  trionfano  come  strumento  di
                perpetuazione  del  potere  (instrumentum  regni)  mentre  un
                pessimismo profondo coinvolge l’umanità. Le azioni dell’uomo
                sono dettate da istinti primordiali, inclusa l’avidità predatoria, la
                soprafazione, l’affermazione sociale ed economica; nelle migliori
                delle ipotesi dall’edonismo pratico. L’unica legge sociale su cui
                poggia  il  grande  castello  della  società  umana  è  il  principio
                morale di “di non fare agli altri ciò che non si vuole sia fatto a


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