Page 241 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                Careggi.  Il  testo,  alquanto  astruso,  ermetico  e  complesso,  si
                divideva in due parti: il “Primander”, costituito da quindici libri
                che  trattano  delle  antiche  credenze  sulla  creazione  del  mondo;
                mentre  “l’Asclepius"  ne  è  la  parte  più  esoterica,  riguardante
                pratiche  magiche  dei  sacerdoti  egizi  tese  ad  interagire  con
                energie sovrannaturali.
                     Si  trattò,  com’è  palese,  di  una  profonda  rivalutazione
                culturale:  seme  prezioso  del  Rinascimento;  un  processo
                sostanzialmente estraneo al solco del cristianesimo medievale; un
                seme coltivato straordinariamente e senza problemi alla luce del
                sole, a Mistra, dove abbondavano chiese e monasteri, esportato
                senza intoppi inquisitori a Occidente, nella città di Firenze che
                all’epoca  presentava  il  terreno  adatto  per  accoglierlo.  In  quelle
                strade  erano  ancora  da  venire  le  urla  isteriche,  impregnate  del
                fanatismo  più  becero,  di  un  invasato  di  nome  Savonarola
                vagheggiante  una  repubblica  teocratica  degna  del  più  cupo
                medioevo,  con  pubblici  roghi  di  libri  e  di  ogni  vanità,  inclusi
                dipinti, gioielli e “ogni cosa bella”.
                     Probabilmente in nessun’altra parte al mondo sarebbe stata
                possibile  una  simile  operazione  culturale,  senza  pervenire  a
                drammatiche  conseguenze  con  roghi  accesi  per  bruciare
                eresiarchi della peggior specie! Si consideri a riguardo che pochi
                anni prima, il 6 luglio 1415, al concilio ecumenico di Costanza e
                per  tesi  assai  meno  audaci,  che  non  deviavano  dal  solco  del
                cristianesimo,  era  stato  bruciato  il  teologo  boemo  Jan  Hus,  il
                quale peraltro disponeva di un salvacondotto imperiale.
                     Tra  i  più  acerrimi  nemici  di  Pletone  spiccò  il  teologo
                aristotelico  Giorgio  di Trebisonda,  che  con  orrore riferì  quanto
                ebbe  ad  affermare  Giorgio  Gemisto  negli  incontri  fiorentini,
                addirittura alla presenza compiaciuta del legato pontificio e del
                signore  di  Firenze,  con  elogi  rivolti  all’imperatore  Giuliano
                l’Apostata:
                     "Egli assicurò che il mondo intero avrebbe avuto una sola e
                identica religione ...
                     Poi, di fronte alla domanda:
                     “Se a trionfare sarebbe stata la fede di Cristo o quella di
                Maometto”
                     Il “maestro di Mistra” non ebbe esitazioni a rispondere:
                     “Nessuna delle due; ma un'altra, non dissimile da quella dei
                Gentili...” (intendendo per Gentili, ovviamente, i pagani!)




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