Page 239 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                     E proprio Marsilio Ficino costituisce la fonte più attendibile
                e illuminante su Giorgio Gemisto detto Pletone, “illustre maestro
                di  Mistra”.  Nella  prefazione  alla  sua  traduzione  egli  accenna
                palesemente  all'influsso  dell’ospite  greco  sulla  corte  medicea,
                soprattutto sulla cerchia d’intellettuali che la ravvivava.
                     Non è un caso se proprio nel 1439, a Firenze, Pletone scrisse
                il  libro  “Sulla  differenza  tra  la  filosofia  platonica  e  quella
                aristotelica”,  nel  quale  cercò  di  dimostrare  la  superiorità  di
                Platone  su  Aristotele,  innescando  una  vasta  polemica  sulle
                sponde  settentrionali  del  Mediterraneo  non  anestetizzate
                dall’islamismo.  In  quest’opera  e  nello  “scontro”  che  ne  seguì,
                Giorgio  Gemisto  trovò  grande  aiuto  e  conforto  in  Basilio
                Bessarione  da  Trebisonda,  suo  discepolo  e  amico,  dotto
                arcivescovo di Nicea.
                     Sia Pletone che Bessarione concepivano il platonismo come
                indispensabile  supporto  e  “polo  di  convergenza”  per
                un’armonizzazione, se non l’unificazione su base filosofica delle
                differenti  fedi  religiose.  Una  tesi  che  non  fu  estranea  a  Nicola
                Cusano e a Pico della Mirandola, di fatto discepoli di Pletone.
                     Il  tentativo  di  Giorgio  Gemisto  di  ritualizzare  il  modello
                della comunità platonica, quale fulcro di conoscenza basata sulla
                riscoperta dell’antichissima cultura egizia e zoroastriana, e degli
                insegnamenti  della  gnosi  dotta  alessandrina,  tentativo  espresso
                chiaramente  nel  “Trattato  delle  leggi”,  lo  identifica
                inequivocabilmente come “primo massone”. Si può ben asserire
                che il “maestro di Mistra” fu l’iniziatore “dell'Antico e Primitivo
                Rito di Memphis e Misraïm”, tutt’ora fecondo nell’ambito della
                Massoneria:  rito  che  molti  secoli  dopo  avrebbe  sedotto
                l’enigmatico Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro.
                     Nel  “Trattato  delle  leggi”  Giorgio  Gemisto  rivalutò
                ampiamente  il  teocentrismo  che  stava  alla  base  delle  Leggi  di
                Platone e indicò un percorso iniziatico ravvisabile nel filo segreto
                di Hiram, che si diparte da Zoroastro e da Ammon-Ra, attraversa
                gli esoterici insegnamenti di Pitagora, si affina nella spiritualità
                platonica  e  approda  alla  matematica  e  alle  conoscenze
                astronomiche  dell’alessandrina  Ipazia.  Un  processo  in  grado  di
                favorire il superamento delle controversie religiose, come quelle
                che  lacerano  dall’origine  il  Cristianesimo  e  lo  contrappongono
                violentemente all’Islam.
                     L’ambizione di Giorgio Gemisto, che lo rende discepolo di
                San  Bernardo  di  Chiaravalle,  al  punto  da  ravvisarlo  come


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