Page 248 - I templari e il filo segreto di Hiram
P. 248
pagina n.247 420451_LAVORATO.pdf
IL TEMPLARISMO
Il “mito templare” cominciò a radicarsi nelle coscienze
laiche più evolute del XVIII secolo con il trionfo della
rivoluzione francese; quando agli osservatori più attenti parve
che la condanna a morte del re Luigi XVI e della regina Maria
Antonietta fosse una vendetta postuma e realizzasse, cinquecento
anni dopo, la maledizione del Gran Maestro dell’Ordine del
tempio: Jacques de Molay, scagliata dal rogo dove ardeva.
La patria ideale della “massoneria Templare”, impregnata di
romantico, fu la Germania, dove persistette a lungo un vago,
profondo e diffuso “animo gotico”.
A divulgarla, inizialmente, furono due personaggi
emblematici: un prigioniero francese della guerra dei “Sette
anni” e un pastore tedesco noto con il soprannome di Samuel
Rosa. La “loggia” che istituirono rispolverò le ere storiche
dell’abate calabrese Gioachino da Fiore, vissuto nel secolo XII,
opportunamente modificate. A loro parere la morte sul rogo del
maestro templare Jacques de Molay nel 1314 chiudeva la quinta
epoca e ne dischiudeva la sesta. Fu allora, infatti, che si diffusero
le conoscenze antiche relative al culto degli Esseni, apprese dai
maestri templari tramite la mediazione dei canonici del Santo
Sepolcro. Sussisteva la consapevolezza che una conoscenza
esoterica ed etica fosse stata tramandata nei secoli: un filone
fattosi sotterraneo dopo la rovina del Tempio.
Le colonne Jackin e Boaz, una dorica e l’altra corinzia,
perfetta asimmetria in sintonia con i chiostri romanici, derivano
da una rinnovata tradizione templare, con un probabile
riferimento alla cripta parigina dove venivano sepolti i maestri
templari: colonne cave all’intero, dove fu possibile occultare il
tesoro del Tempio nell’ora del massimo pericolo.
Miti e leggende prosperarono rapidamente attorno al
Templarismo ed impregnarono particolarmente il ramo dei
Francs-Maçons noto come il “rito scozzese antico e accettato”;
mentre, per contro, restò marginale nella “massoneria azzurra” di
chiara derivazione parigina.
Nel rito Scozzese Antico e Accettato il trentesimo grado,
quello dei cavalieri Kadosch, noti anche come i “Cavalieri
dell’Aquila bianca e nera”, ha chiari riferimenti con il
247