Page 196 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                     Il cuore segreto di quella setta era nascosto in una fortezza
                sulla  vetta  di  una  montagna  nota  come  al-Amut:  Nido
                dell'Aquila.  In  quel  castello  viveva  il  loro  capo,  conosciuto
                presso i profani col nome di Vegliardo della Montagna.
                     Da suo inaccessibile castello quel capo carismatico, calvo,
                con  lunga  barba  appuntita,  inviava  i  suoi  giovani  seguaci  a
                compiere suicide missioni di terrore.
                     Per quale scopo? Sia per contrastare i cristiani invasori; ma,
                più ancora, per terrorizzare i governanti islamici ortodossi.
                     Con  quale  mezzo?  Il  ricorso  sistematico  dell’assassinio  in
                pubblico, nel modo più plateale possibile!
                     Correva voce che in ogni città si occultasse un manipolo di
                Assassini:  una  presenza  sovente  soltanto  supposta;  ma  che
                colmava d’angoscia il cuore dei potenti.
                     La  setta  praticava,  in  realtà,  una  versione  misticheggiante
                dell'Islam e non rispettava le normali preghiere e la pratica del
                digiuno.
                     “Gli  Assassini”  reputavano  che  vi  fossero  nove  livelli  di
                sviluppo spirituale e che soltanto quando tutti i fedeli avessero
                raggiunto il nono livello sarebbe arrivato il Mahdi: il Redentore
                dell’umanità. Negavano la proprietà privata, poiché i beni della
                Terra  dovevano  essere  goduti  da  tutti.  Ma,  più  ancora,
                consideravano  demoniaca  tanto  l’adorazione  della  sacra  pietra
                alla Mecca  quanto il  culto  di  qualsiasi santo, incluso  il  profeta
                Maometto: monoteisti intransigenti e idealisti!
                     “Gli  Assassini”  erano  maestri  nei  travestimenti  e  i  loro
                omicidi avvenivano sempre in pubblico. Chi lo commetteva era
                in  cerca  del  martirio!  Avrebbero  ucciso  chiunque  in  nome  di
                Allah,  se  a  indicarglielo  fosse  stato  il  “grande  vegliardo”
                detentore delle chiavi del giardino dell’Eden, similmente a San
                Pietro nella tradizione cristiana.
                     Per questo motivo, a causa della suicida determinazione che
                li  contraddistingueva,  gli  "Assassini"  erano  temuti  più  di
                chiunque altro. Ne sapevano qualcosa i potenti emiri di Mossul:
                Bursuq e il suo successore Zinki, caduti entrambi sotto i fendenti
                dei pugnali degli “Assassini”.
                     Anche i cristiani li odiavano e li temevano.
                     Corrado,  marchese  del  Monferrato  e  nuovo  re  di
                Gerusalemme,  sperimentò  le  loro  lame  affilate  il  28  aprile
                dell’anno  del  Signore  1192:  fu  avvicinato  da  due  “hasciascin”
                camuffati  da  frati,  che  recitando  il  “pater  noster”  gl’infilarono


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