Page 191 - I templari e il filo segreto di Hiram
P. 191

pagina n.190      420451_LAVORATO.pdf







                               e io ridendo, mo pensar lo puoi,
                            poscia che il grido t‟ha mosso cotanto;
                             qual, se „nteso avessi i prieghi suoi,
                                già ti sarebbe nota la vendetta
                              che tu vedrai prima che tu muori.
                            La spada di qua su non taglia in fretta
                              né tardo, ma‟ ch‟al parer di colui
                              che disiando o temendo t‟aspetta.

                     Da  quel  momento  cominciò  a  prendere  piede  la  leggenda
                della maledizione templare.
                     Si  diffuse  la  voce  che  la  notte  successiva  al  rogo  del  De
                Molay un piccolo gruppo di sette “liberi muratori”, guidati da un
                templare, avesse raggiunto il luogo del supplizio. Un convegno
                misterioso.  Pare  che  quel  manipolo  di  audaci  scagliò  pugni  di
                polvere in direzione del palazzo del re, pronunciando la terribile
                maledizione del Machenach: la stessa mormorata dalle labbra dei
                carpentieri  quando  fu  ucciso  Chiram  Abiff,  architetto  del  re
                Hiram  di  Tiro,  il  maestro  costruttore  che  progettò  il  tempio  di
                Salomone.
                     Un legame misterioso legava i Cavalieri dai bianchi mantelli
                ai “liberi muratori”, che avevano per maestro il biblico architetto
                conoscitore dei segreti delle piramidi: un legame che aveva reso
                possibile, in Europa, il trionfo delle cattedrali gotiche. Un segreto
                custodito ermeticamente all’ombra di un’acacia sempreverde.
                     Ad  ogni  modo  sembrò  davvero  che  una  maledizione
                perseguitasse i discendenti di Filippo il Bello. Ai suoi tre figli il
                destino  riservò  una  sorte  infausta:  morirono  giovani,  uno  dopo
                l’altro.
                     Più nessuno di loro regnava in Francia pochi anni dopo, nel
                1328.
                     Dapprima toccò a Luigi X “l’Attaccabrighe”; poi a Filippo
                V “il Lungo” e infine a Carlo IV, che raggiunse suo padre nella
                tomba all’età di 34 anni, dopo cinque anni di regno.
                     Con la morte di Carlo IV il trono di Francia si trovò senza
                eredi  maschi,  sebbene  i  tre  figli  di  Filippo  il  Bello  avessero
                giaciuto con sei mogli.
                     A corte, a succedere ai genitori, c’erano soltanto bambine.
                     In questo modo si estinse la secolare casata dei Capetingi.
                     Il  trono,  a  questo  punto,  spettava  a  Giovanna:  figlia
                maggiore  di  Luigi  X  “l’Attaccabrighe”,  ma  fu  prontamente


                                            190
   186   187   188   189   190   191   192   193   194   195   196