Page 185 - I templari e il filo segreto di Hiram
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solennemente sul Vangelo di mantenere il segreto su quanto
stava per accadere.
Sembrò davvero a Ponzio Pilato, poiché si lavò le mani in
un catino nella stanza capitolare dell’abbazia.
Il giorno dopo partirono gli ordini cifrati per i balivi, i
siniscalchi, i capitani del Regno, tramite le filiali dei banchieri
fiorentini. Guai se fosse trapelata soltanto una sola parola!
Dovevano tenersi pronti; nonostante ignorassero contro chi
dovessero agire. Un passo falso avrebbe potuto rivelarsi fatale.
Fu un capolavoro.
Per la verità si trattava di un’operazione già collaudata con
successo. L’anno prima, il 22 luglio 1306, in un’afosa giornata
d’estate in tutto il regno di Francia balivi, siniscalchi e capitani
avevano proceduto all’improvviso e simultaneo arresto di tutti gli
Ebrei, incarcerati prima del tramonto e privati di ogni bene.
Il colpo di mano era riuscito alla perfezione.
La sera del 22 luglio non c’era più un giudeo libero nelle
strade di Francia! Ma gli Ebrei erano deprecati dal popolo: invisi
a tutti, inclusi gli ufficiali del regno, per non parlare del clero.
Un’operazione fin troppo facile da eseguire: nessuno aveva
protestato; in molte taverne il popolino aveva festeggiato! Chi
mai avrebbe osato difendere i discendenti di coloro che avevano
messo in croce il Salvatore dell’umanità? Ma sarebbe stato lo
stesso con i Templari?
All’alba del 13 ottobre in tutto il regno di Francia,
simultaneamente, scattò l’operazione e i gendarmi si
presentarono alle porte dei castelli, delle commende, delle
mansioni del Tempio, che erano centinaia.
Per non insospettire i cavalieri con la croce sui bianchi
mantelli fu addotta la scusa di controlli fiscali ordinati dal re: una
semplice formalità. Furono i banchieri fiorentini a suggerire
quell’efficace stratagemma.
In tal modo gli alteri cavalieri seguirono ignari gli armigeri
nelle caserme. Nessuno di loro sfoderò la spada! Neppure un
incidente, ad eccezione di Arras, dove un capitano eccedette in
zelo e, durante l’irruzione, aggredì i cavalieri che ponevano
troppe domande, sgozzandoli invece di arrestarli.
Quante volte il cancelliere Guglielmo de Nogaret
s’immaginò il siniscalco di Parigi davanti alla torre del Tempio,
dove in quei giorni alloggiava il gran maestro dell’Ordine
Jacques de Molay.
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