Page 178 - I templari e il filo segreto di Hiram
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suo regno. Quei cavalieri, fedelissimi al papa, gli avevano reso le
notti insonni durante la lunghissima diatriba con Bonifacio VIII e
con il suo successore Benedetto XI. Santo cielo, controllavano un
quarto di Parigi, la loro torre svettava più alta del palazzo reale e
più volte, al risveglio, Filippo “il Bello” aveva temuto di
trovarseli ai piedi del letto con le spade sguainate: giustizieri in
casa del papa lontano. Anche se, per la verità, in quell’estenuante
conflitto i Templari avevano cercato di starsene fuori.
Nonostante fossero “cavalieri del papa”, totalmente dediti ai suoi
ordini, non ambivano inimicarsi il re di Francia: l’unico, nei loro
progetti, a poter sostenere la crociata che avevano in animo di
attuare al più presto, allo scopo di penetrare nuovamente in
Terrasanta. Era loro intenzione partire dall’isola di Cipro, sotto il
loro controllo, e riconquistare San Giovanni d’Acri e Tortosa, per
poi arrivare a Gerusalemme…
A Parigi i “cavalieri dai bianchi mantelli” erano più potenti
dello stesso re. Come non temerli! Per giunta il re di Francia,
similmente a molti altri regnanti dell’epoca, incluso il re
d’Inghilterra, era pesantemente indebitato nei loro confronti:
debiti che non sarebbe mai riuscito a onorare! Con apprensione
Filippo “il Bello” guardava la torre del Tempio, visibile da tutta
Parigi: una presenza incombente, che si stagliava minacciosa
sulla sponda destra della Senna, nel più affollato quartiere, il
Marais, il quartiere templare.
Con l’elezione di Clemente V finiva la stagione dello
strapotere del sommo pontefice negli affari civili dei paesi
cristiani: una svolta epocale.
A Bertrand de Got erano noti i progetti del re di Francia e
fin dal primo momento non cercò di ostacolarli.
A questo punto un sogno proibito poteva diventare realtà: i
papi ad Avignone.
Intanto, per prima cosa, il nuovo papa concesse al re di
Francia ciò che Benedetto XI aveva risolutamente negato:
l’assoluzione per l’assalto ad Anagni e lo schiaffo offensivo che
ne era conseguito. Era il 27 aprile dell’anno Domini 1311.
Ovviamente, a titolo di riparazione, Clemente V impose al re di
Francia d’impegnarsi in una nuova crociata. Ma la nuova crociata
si ridusse a un roboante annuncio e nulla di più. Tutto fumo e
niente arrosto. Non era più il tempo di simili imprese
fallimentari. Non c’erano nemmeno più le basi, nelle terre
d’Oltremare, per tentare una simile impresa. Il papa impose,
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