Page 176 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                     Già,  “lo  schiaffo  di  Anagni”.  Un  bel  ceffone  che  ancora
                rimbomba nella storia!
                     Secondo il parere di Guglielmo da Nogaret, che lo rifilò al
                papa, fu un “atto necessario e dovuto”.
                     Necessario  non  per  umiliare  ulteriormente  il  papa,  che  si
                credeva un uomo  morto; ma per calmare quel matto di Sciarra
                Colonna che, accecato dal rancore, lo voleva davvero sbudellare
                con la spada sguainata.
                     Dovuto  per  tutti  i  Catari  che  Santa  Romana  Chiesa  aveva
                massacrato, torturato, ucciso, bruciato. In quel pesante ceffone,
                che spostò il papa di due passi, c’era tutta la rabbia di un figlio
                della  Linguadoca,  di  un  albigese  verso  l’autorità  che  aveva
                distrutto dell’Occitania: la civiltà più radiosa d’Europa. Prima di
                allora nessuno aveva osato tanto e nessuno, in seguito, avrebbe
                osato altrettanto.
                     Contrariamente alle previsioni del cancelliere, che tornava a
                Parigi con le mani vuote, il rientro a Parigi fu un trionfo.
                     Il re di Francia non era un pusillanime. Non voltò le spalle
                al  suo  più  stretto  collaboratore,  come  altri  probabilmente
                avrebbero  fatto,  timorosi  dell’inevitabile  scomunica.  Anzi,  si
                dimostrò  entusiasta  e  riuscì  a  trasformare  la  sconfitta  in  una
                vittoria.  Elogiò  pubblicamente  Guglielmo  da  Nogaret,
                ricompensandolo  con  terre  e  denaro.  Poi  raggiunse  la  notizia
                inattesa  della  morte  del  papa:  l’11  ottobre,  e  le  violente
                polemiche si sopirono di colpo, come tempesta spazzata via da
                vento improvviso.
                     Alla morte di Bonifacio VIII seguì l’elezione di Benedetto
                XI;  ma  il  clima  non  cambiò  e  restò  il  gelo  dell’inverno  tra  la
                Santa Sede e il trono di Francia.
                     Il nuovo papa si rivelò ostile quanto il suo predecessore e
                respinse  altero  l’ambasciatore  del  re  di  Francia,  quando  si
                presentò  umile  per  chiedere  perdono  sugli  incresciosi  fatti  di
                Anagni. Non soltanto il papa si rifiutò di riceverlo; ma esclude il
                re e i suoi ministri dell'assoluzione generale che promulgò il 12
                maggio dell’anno del Signore 1304. Anzi, fece di più! Pochi mesi
                dopo, il 7 giugno, scagliò contro il re e i suoi complici, inclusi i
                vescovi  francesi  che  lo  assecondavano,  la  bolla  “Flagitiosum
                scelus”.
                     Probabilmente  Benedetto  XI  non  aveva  capito  niente.  Era
                pernicioso  continuare  la  scazzottata  con  il  re  di  Francia.  E,
                infatti,  non  andò  lontano:  morì  poco  dopo,  in  un  convento


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