Page 171 - I templari e il filo segreto di Hiram
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Probabilmente furono felici quelli all’università di
Montpellier: sempre indimenticabili gli anni dell’adolescenza!
Guglielmo da Nogaret divenne professore di diritto romano
nell’anno del Signore 1287 e ben presto cominciò a dividere il
suo impegno, com’era consuetudine a quei tempi, tra l’università,
dove insegnava, e l’attività forense.
Probabilmente sarebbe rimasto un buon avvocato, ma nulla
di più, se un giorno nel suo studio non fosse entrato il vescovo di
Maguelonne, per una consulenza su un’annosa questione che
divideva il re di Maiorca e il re di Francia a riguardi di antichi
possedimenti a Montpellier.
Accadde così, quasi torrente che confluisce in un fiume, che
“l’avvocato da Nogaret” si trovò cooptato nei ranghi
dell’amministrazione regia, giacché assolse egregiamente
l’incarico affidatogli dal giovane re di Francia. Quel servizio gli
valse la nomina a giudice nella circoscrizione di Beaucaire-
Nîmes, tra le più importanti del regno. E così, di colpo,
Guglielmo si trovò tra gli uomini più influenti del Midì. Ma fu
soltanto una tappa! Nell’autunno brumoso del 1295 era Parigi:
“Consigliere del re”.
Una a dir poco carriera esemplare: dapprima ispettore nella
regione della Champagne portata in “dono di nozze” da
Giovanna di Navarra, insieme al Brie, poi membro del
Parlamento; infine, ministro nel Consiglio della Corona.
E fu allora, come fuoco che improvvisamente avvampa
dopo essere rimasto a lungo sopito, che cominciò la lite tra il re e
il papa, tra Parigi e Roma. Sembrava quasi una riedizione
dell’antica lotta per le investiture, tra il papa e l’imperatore.
Per la verità una domanda attraversa la storia: quanto può
essere tollerato il potere spirituale all’interno di un potere
temporale?
Due fiumi che sarebbero dovuti fluire paralleli, senza
incontrarsi; ma così non era.
E Filippo IV sapeva ciò che voleva. Una consapevolezza
che era mancata agli imperatori del Sacro Romano Impero ad
eccezione di Federico II di Svevia.
Non si trattava di una questione teologica ma, piuttosto, di
una banale lite di soldi: le casse regie erano una voragine, che
andava riempita.
Filippo IV, soprannominato “il Bello”, osò l’impensabile e
pose una tassa sui beni ecclesiastici.
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