Page 168 - I templari e il filo segreto di Hiram
P. 168
pagina n.167 420451_LAVORATO.pdf
Gerione ha tutti i tratti di Noffo Dei: il superaccusatore dei
Templari, al quale il poeta è riuscito ad assegnare, nella maniera
più anonima possibile, il posto che gli compete nell’Inferno.
In questo passaggio affiora pienamente Dante templare che
sale infatti in groppa al drago Gerione con Virgilio: la
riproduzione del più antico ed emblematico sigillo dei Cavalieri
del Tempio che raffigurava due cavalieri in groppa allo stesso
cavallo.
Va precisato che Dante perseguì un dualismo di chiara
matrice templare: la beatitudo temporalis (felicità terrena) e la
beatitudo aeterna (felicità celeste).
La “beatitudo temporalis” fu intesa da Dante come la
realizzazione sulla terra del connubio armonico dell’Aquila e
della Croce. La “beatitudo aeterna” corrispondeva alla felicità
del paradiso. Proprio come in Bernardo di Clairvaux! Alla
Gerusalemme celeste doveva corrispondere la Gerusalemme
terrena e i due strumenti per realizzarla erano due Ordini: i
Cistercensi e i Templari! Sempre e ancora il dualismo.
Indubbiamente “il sommo poeta” fu partecipe del suo
tempo, in tutti i suoi aspetti.
Ad esempio sostenne le tesi dell’Olivi per le quali,
ufficialmente, fu convocato il concilio di Vienne; mentre, in
realtà, lo scopo era un altro: porre la pietra tombale sull’Ordine
del Tempo, come effettivamente accadde per volere di papa
Clemente V.
Nell’Inferno (IV, 36) c’è il "nobile castello" dove vivono le
anime dei pagani virtuosi e di tutti i bambini morti prima dell’età
della ragione, anche se battezzati. E’ palese, pertanto, che
secondo Dante il sacramento battesimale doveva essere
somministrato al raggiungimento della maggiore età.
Il numero 13 può essere addotto a rapporto tra l’Ordine del
Tempio e la Divina Commedia.
13 erano i componenti del capitolo elettorale al quale
spettava l’elezione del Gran Maestro: dodici cavalieri e un
cappellano.
13 i membri di un capitolo templare
13 i monaci che potevano fondare un nuovo monastero
cistercense: un abate e dodici confratelli; tanti quanti gli Apostoli
e Gesù alla mensa dell’ultima cena.
167