Page 167 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                               porta nel Tempio le cupide vele.
                               O Segnor mio, quando sarò lieto
                               a veder la vendetta che, nascosa,
                              fa dolce l‟ira tua nel tuo secreto?

                     Quasi un’inquietante profezia.
                     Non soltanto Filippo “il Bello” che, spinto dalla cupidigia,
                non esitò a perseguitare e distruggere l’Ordine del Tempio, per
                saccheggiarne  le  ricchezze;  ma  l’infausta  sorte  di  Luigi  XVI,
                condotto nella torre del tempio di Parigi nei giorni convulsi della
                rivoluzione  francese,  cinquecento  anni  dopo  gli  eventi
                drammatici della fine dei Templari. Ne uscì soltanto per salire sul
                patibolo: la ghigliottina!
                     Nessun cenno, invece, per il terribile cancelliere Guillaume
                de Nogaret.
                     Un’allusione  soltanto,  sempre  nel  Purgatorio  (XX,  86-90)
                sulle labbra di Ugo Capeto, capostipite di Filippo “il Bello”:
                            “Veggio in Alagna intrar lo fiordaliso
                              e nel vicario suo Cristo esser catto.
                             Veggiolo un‟altra volta esser deriso;
                              veggio rinovellar l‟aceto e „l fiele,
                               e tra vivi ladroni esser inciso”.

                     I  vivi  ladroni  sono  indubbiamente  il  Nogaret  e  Sciarra
                Colonna, i due artefici dello schiaffo di Anagni: non periranno
                sulla croce come i due ladroni, ma di morte naturale.

                     Dopo  che  Dante  e  Virgilio  oltrepassano  i  tre  gironi  dove
                sono  puniti  i  violenti,  giungono  sull’orlo  di  un  precipizio  dove
                Virgilio  ordina  a  Dante  di  sciogliersi  la  corda  che  gli  cinge  i
                fianchi. Non è il cordone dei frati: simbolo di povertà e umiltà
                che  Dante  chiama  capestro;  ma  la  cintura  che  San  Bernardo
                aveva prescritto ai Templari con l’ingiunzione di portarla giorno
                e  notte.  Una  corda  che  ha  il  potere  di  attirare  dal  suo  abisso
                Gerione: il patrono infernale di tutti i truffatori, che dimora nel
                più profondo Inferno, tra i traditori, proprio in mezzo ai banchieri
                fiorentini e lombardi.
                     Che Dante sapesse molto di più, sul loro conto, di quanto
                lasciava intendere?





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