Page 75 - La Massoneria Rivelata
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numeroso ma decotto nell’organizzazione, con ufficiali superiori
                anziani,  incapaci  di  decidere,  legati  a  schemi  e  concetti

                dell’ancien régime.

                    Garibaldi  fu  anche  accusato  di  aver  represso  le  insorgenze
                delle popolazioni rurali, assetate di terre. Il primo caso avvenne

                a  Prizzi,  presso  Corleone,  dove  la  sommossa  fu  facilmente
                soffocata.  Il  caso  più  grave  fu  invece  quello  di  Bronte,  un

                episodio che ispirò la novella di Giovanni Verga Libertà e il film
                di  Vancini  del  1972  Bronte,  cronaca  di  un  massacro.  In  quel

                luogo  vi  era  un  feudo  di  quindicimila  ettari,  Ducea,  che

                Ferdinando  IV  aveva  donato  a  Nelson  requisendo  le  terre
                comunali. I “comunisti” – cioè coloro che volevano che questi

                vasti appezzamenti ritornassero alla comunità – si incendiarono
                di fronte ai proclami di Garibaldi e si scagliarono contro coloro

                che amministravano il feudo, facendo sedici vittime. A domare
                la rivolta fu inviato il comandante in seconda Nino Bixio, che i

                siciliani chiamavano “la belva”. Giunto a Bronte questi, dopo un
                processo  farsa,  fece  fucilare  un  po’  di  quei  disgraziati.  Abba

                affermò  in  seguito  che  il  luogotenente  del  Generale  aveva
                presenziato  “commosso  e  turbato”  all’esecuzione,  cosa

                nient’affato vera dato che egli voleva invece ripristinare l’ordine
                e  accontentare  il  console  inglese  a  Palermo  John  Goodwin,

                dimostrandogli che l’armata rivoluzionaria avrebbe tutelato gli
                interessi britannici.

                    Infine  circolò  l’accusa  che  in  Sicilia  qualcuno  si  fosse

                appropriato  di  enormi  somme  di  denaro.  A  Torino  si
                mormorava  che  nel  fatto  fosse  coinvolto  anche  l’onestissimo
                Ippolito Nievo, cassiere della spedizione. Questi, turbato, si recò

                a  Palermo  per  procedere  a  un’inchiesta,  da  cui  ripartì  con  sei

                bauli  di  documenti  imbarcandosi  sull’Ercole,  una  carretta  a
                vapore. Malgrado un mare liscio come l’olio, la nave scomparve

                senza  lasciare  traccia.  Alcuni  suppongono,  e  le  indagini
                sembrarono  confermarlo,  che  si  fosse  trattato  di  una





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