Page 217 - La Massoneria Rivelata
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espressioni  massoniche  unisce  l’encomio  per  il  suo  potente
                protettore:  «L’almo  sole  del  Grande  Architetto  /  sulla  fronte

                d’Eugenio risplenda. / Per l’Augusto Fratello diletto / ogni petto

                di gioia s’accenda». Più chiaro di così!
                    Ci  siamo  già  dilungati  su  due  autori  massoni  come  i

                veneziani  Giacomo  Casanova  e  Carlo  Goldoni,  mentre  non
                abbiamo detto niente sul sacerdote calabrese Antonio Jerocades,

                che cercò di promuovere il rinnovamento intellettuale, sociale e
                morale dell’Italia meridionale. Jerocades entrò in massoneria tra

                il 1770 e il 1771 nella loggia Saint Jean d’Écosse di Marsiglia. In
                seguito divenne un promotore dell’istituzione e il 13 settembre

                1785 fondò due logge in Calabria. Più tardi, essendo implicato
                nella rivoluzione napoletana del 1799, dopo un periodo d’esilio

                fu incarcerato a Tropea, dove morì il 18 novembre 1803.

                    Lo scritto più emblematico della sua produzione è il poema
                Lira  focese,  esaltazione  della  regina  Maria  Carolina,  vicina  ai

                Liberi  Muratori.  La  sovrana  ebbe  il  merito  di  intervenire  a
                favore dei massoni incarcerati il 12 settembre 1775. La regina è

                descritta dal poeta come la saggia e giusta protettrice dell’ordine:
                «Già  la  terra  congiunta  con  l’etra,  /  Già  col  Sole  la  Luna

                risplende, / Già la falce svelata si accende, / E s’innalza sull’ara
                d’amor. / Venne al tempio l’augusta regina / e ci disse miei figli,

                cantate;  /  Ma  la  legge,  ma  il  rito  serbate,  /  Ma  si  accresca  del
                soglio l’onor, / Io vi salvo dall’alta ruina, / Io distruggo la frode e

                l’inganno […] / Se alla guerra, se l’aspra tempesta / Già succede
                la pace e la calma; / Carolina riporta la palma / Che dell’empio

                sconfisse il furor».
                    La  parte  più  interessante  del  poema  è  comunque  quella

                dedicata  ai  riti,  ai  simboli  e  al  pensiero  della  confraternita.  Si

                sottolinea, ad esempio, il rapporto di fratellanza: «Siam fratelli e
                siamo amici, / Senza impero e servitù / Qui meniamo i dì felici, /

                Dove  ha  un  regno  la  Virtù»;  oppure  si  narra  il  mito
                dell’architetto  Hiram:  «Dell’Eroe  piangiam  la  morte,  /  Che  da





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