Page 208 - La Massoneria Rivelata
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nell’Apocalisse e nel Corano, fu di volta in volta identificata con
gli Sciti, con gli Unni e, nel XIII secolo, con i Mongoli. Le orde
di Batu Khan, infatti, furono considerate da molti «la spada del
furore dovuta ai peccati del popolo cristiano», mentre altri,
memori delle profezie testamentarie, scrissero: «Alcuni dicono
che discendono da Gog e Magog. Gli stessi affermano che il
nome Mongoli non è altro che una trasformazione della parola
Magogoli».
Ma ritorniamo alla nostra torre stagliata sull’orizzonte del
tormentato Medio Oriente, un tempo luogo di visioni e di
incontri fatali. Nelle vicinanze di Mosul, invero, Sayh Adi, il
mitico iman fondatore degli Yezidi, ebbe le rivelazioni
dell’Angelo Pavone e, nell’estasi ierofanica, ammirò l’albero
cosmico e la perla della pura essenza divina. Immagini edeniche,
ma inutili a esorcizzare la pessima fama della sua gente, da
sempre sospettata di demonismo. In realtà la loro è una fede
sincretica, imparentata con la gnosi antica e perciò condannata
senza appello dall’Islam e dal Cristianesimo.
Il principale oggetto di culto della setta è Melak-Tawus,
l’Angelo Pavone, prima caduto in disgrazia «per il suo amore
esclusivo della pura idea della divinità» e poi redento dal
Creatore. Nel Libro della Rivelazione e nel Libro Nero, i loro testi
sacri, si legge come questa essenza angelica, conoscendo la
sofferenza e il dolore e mossa da sublime amore, dischiuse
all’umanità la via della salvezza.
Ciò malgrado, la loro organizzazione endogamica, e il
mistero che li circonda, ha generato una diffidenza profonda,
testimoniata dallo stesso Guénon, pronto a dichiarare: «La vera
natura del Melak-Tawus rimane ancora un mistero». Lo stesso
autore reputa il Gebel Sinjàr un ancestrale centro iniziatico poi
trasformatosi in una “entità” opposta, secondo la dialettica delle
dominanti suggerita da Jung.
Un’altra torre si troverebbe in Siria, nella terra degli Ismaeliti,
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