Page 200 - La Massoneria Rivelata
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La metafora del labirinto luogo di smarrimento, dove le
pulsioni del profondo affiorano con forza devastante, è evidente.
Il percorso dedalico, presente fin dall’antichità – si pensi al VI
canto dell’Eneide – è rivisitato nell’ottica decadente dell’autore e
sembra accennare al “perturbante” di Freud, a quella
riemersione dall’inconscio di timori antichi, di destabilizzanti
ricordi.
Altri spunti interessanti si colgono nel Piacere, capolavoro
giovanile di D’Annunzio, influenzato dal romanzo À rebours di
Joris-Karl Huysmans. Andrea Sperelli, l’equivalente
dannunziano di Des Esseintes e icona dell’eroe decadente, è un
raffinato, un artista, odia la mediocrità e modella la propria vita
come fosse un’estetizzante opera d’arte. La sua esasperata
sensibilità sovente lo induce a profonde inquietudini, e come
Elena, l’amante lussuriosa, è pervaso da quella «oscura tristezza
che è in fondo a tutte le felicità umane». Non deve perciò stupire
il suo comporre versi sul tema di una rinascita interiore e di una
ritrovata religiosità: «Or nel gran cerchio de’ dolori umani /
entra novizia in veste di Jacinto, / dietro lasciando il falso
labirinto / ove i belli ruggìan mostri pagani / Non più sfinge con
unghie aure l’abbranca, / non gòrgone la fa pietra restare, / non
sirena per lunga ode l’incanta. / Alta, in sommo del cerchio,
un’assai bianca / donna con atto di comunicare, / tien fra le pure
dita l’Ostia santa».
Sogni, desideri discordanti di una vita consacrata al piacere;
d’altra parte Andrea Sperelli è, al contempo, grandioso e
meschino, puerile ed eroico. In lui è compendiata la natura
umana con il violento contrasto fra bianco e nero, opposizione
risolta nella figura dell’androgino di Joseph Péladan, dal quale
D’Annunzio trasse ispirazione.
Il francese non fu l’unico adepto a incidere sull’opera del
nostro. Egli, divoratore di testi, sensibile a ogni avanguardia
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