Page 197 - La Massoneria Rivelata
P. 197
cerimonia, elevò honoris causa il “poeta soldato” al 33° grado del
Rito Scozzese Antico e Accettato.
Il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia accusò il colpo, e
cercò di convincere D’Annunzio a non farsi strumento della
«piccola cospirazione di quei poveri secessionisti». Quindi
invitò Treves a intervenire affinché “l’italico Vate” entrasse nelle
fila di Palazzo Giustiniani: «Se D’Annunzio – scrisse – non
vorrà essere dei nostri, ha egli bisogno di cadere in un sì
indegno pasticcio? Egli è naturalmente di casa quando lo voglia,
e col debito d’onore, s’intende bene. Ma io non poteva
sollecitarlo. Vedi tu, del resto».
Furono sforzi vani, dato che l’abruzzese si tenne ben stretta la
candida sciarpa del 33° grado. Sembra anche che, a quel punto,
fosse già stato regolarmente iniziato nell’officina XXX Ottobre
della Serenissima Gran Loggia, o perlomeno questa fu la
testimonianza resa dal Fratello Allegri nel 1928: «Mentre mi
trovavo a Fiume quale legionario tenente aiutante maggiore
dell’8° Reparto d’assalto venni iniziato dalla loggia massonica
XXX Ottobre per mezzo di un certo Grande Ufficiale Ettore
Vecchietti, che si trovava di passaggio a Fiume quale Ispettore
della Cassa Nazionale Infortuni. Tale Loggia dipendeva dalla
Massoneria di Piazza del Gesù. Venerabile di essa era
l’ingegnere Attilio Prodam e fra gli iscritti vi erano molti
membri del Gran Consiglio Nazionale fiumano, fra i quali
rammento il comandante D’Annunzio».
D’altra parte, il poeta non comprendeva perché
un’associazione che si autodefiniva universale e incensava
l’unione e la fratellanza fosse divisa in fazioni. Considerava
favole primogeniture e regolarità, specie in un momento così
difficile e particolare; inoltre, aborriva l’idea di essere trascinato
in diatribe da “chiesuole”. La massoneria, invero, lo aveva
aiutato, tanto che sui gagliardetti dei legionari avrebbero potuto
ben figurare squadra e compasso. Molti suoi commilitoni
197