Page 196 - La Massoneria Rivelata
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italiano alla salvezza di Fiume che è oggi l’eroina della libertà nel
                mondo folle e vile. Per Fiume Italiana. Alalà».

                    Treves  fu  uno  dei  principali  artefici  della  spedizione  e  fece

                parte di un comitato segreto, costituito dalla loggia Oberdan e
                da altre officine triestine. Lo scopo di tale organismo era quello

                di  fornire  le  necessarie  risorse  logistiche  e  finanziarie  ai
                legionari, già sul piede di partenza; il 7 settembre alcuni delegati

                incontrarono a Venezia il Comandante per prendere gli ultimi
                accordi. Tutto era pronto, e cinque giorni più tardi i volontari

                occuparono  Fiume,  proclamandone  l’annessione  al  Regno
                d’Italia.  Fra  di  loro  i  massoni  erano  numerosi  e  il  Grande

                Oriente si mobilitò per il buon fine dell’impresa: fu aperto un
                credito  di  due  milioni  di  lire,  mentre  carbone  e  viveri  erano

                inviati  nella  città  presidiata.  Agli  aiuti  diretti  si  sommarono

                quelli  indiretti,  dovuti  alla  Croce  Rossa  Italiana  che  si  allineò
                sulle  posizioni  massoniche  per  volontà  del  suo  presidente,  il
                Fratello Giovanni Ceraiolo.

                    In  quei  giorni  di  entusiasmo  e  speranza,  i  rapporti  fra

                D’Annunzio e i vertici del Grande Oriente furono strettissimi.
                Egli  era  in  contatto  con  il  Gran  Maestro,  l’avvocato  Domizio

                Torrigiani,  e  più  tardi  riconobbe  che  «senza  l’appoggio
                incondizionato  della  massoneria  l’impresa  di  Ronchi  non

                avrebbe  potuto  raggiungere  il  suo  obiettivo».  Poi  qualcosa  si
                incrinò, e già alla fine di novembre le relazioni si raffreddarono.

                    Cos’era successo? I motivi furono sicuramente molteplici, e
                in  gran  parte  di  natura  politica.  Probabilmente  ebbe  però  un

                certo  peso  anche  l’intromissione  dell’altra  comunione
                massonica  peninsulare:  la  Serenissima  Gran  Loggia  d’Italia.

                Questa  obbedienza,  sorta  nel  1908  a  seguito  della  scissione
                promossa  da  Saverio  Fera,  era  allora  capitanata  da  Vittorio

                Raoul  Palermi,  definito  da  Terzaghi  «impasto  di  astuzia,  di
                sottigliezza  e  di  doppiezza».  Questi  prese  accordi  più  o  meno

                sotterranei  con  il  Comandante  e  poi,  nel  1920,  inviò  a  Fiume

                una  delegazione  di  alti  dignitari  che,  nel  corso  di  una  breve


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