Page 99 - Il giornalino di Gian Burrasca
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Il direttore si chiama il signor Stanislao ed è un uomo secco secco e lungo lungo, con due gran
baffoni brizzolati che quando s'arrabbia gli treman tutti, e con una zazzera di capelli nerissimi che
gli vengono in avanti appiccicati sulle tempie e che gli dànno l'aria di un grand'uomo, ma dei tempi
passati.
È un tipo militare, che parla sempre a forza di comandi e facendo gli occhi terribili.
- Stoppani, - mi ha detto un paio di giorni fa - stasera starete a pane e acqua! Per fianco destro...
March! -
E questo, perché? Perché mi aveva sorpreso nel corridoio che conduce alla sala di ginnastica
mentre scrivevo col carbone sul muro: Abbasso i tiranni!
Più tardi la direttrice mi disse:
- Sei un sudicione e un malvagio. Sudicione perché hai sporcato il muro, e malvagio perché
offendi le persone che cercano di farti del bene correggendoti. Chi hai voluto indicare come tiranni?
Sentiamo...
- Uno è Federigo Barbarossa, - risposi pronto - un altro è Galeazzo Visconti, un altro è il generale
Radeschi, e un altro è...
- Siete anche un impertinente, ecco tutto! Andate in classe subito! -
Questa direttrice non capisce nulla; invece d'aver piacere chi io mi appassioni contro i peggiori
personaggi della storia patria, s'è messa in testa, da quella volta, che io la canzoni, e non mi leva mai
gli occhi di dosso.
La direttrice si chiama la signora
Geltrude ed è la moglie del signor
Stanislao, ma è un tipo tutto diverso da
lui. È bassa bassa e grassa grassa, con un
naso rosso rosso, e declama sempre, e fa
dei grandi discorsi per delle cose da nulla,
e non si cheta mai un minuto, corre per
tutto e discorre con tutti e su tutto e su
tutti trova a ridire.
Gli insegnanti che fanno lezione alle
diverse classi sono tutti dipendenti dal
direttore e dalla direttrice e paion loro
servitori. Il professore di francese arriva
perfino a baciare la mano alla signora
Geltrude tutte le mattine quando le dà il
buon giorno e tutte le sere quando le dà la
buona sera; e il professore di matematiche
dice sempre al Signor Stanislao quando va
via: “Servo suo, signor direttore!”
Noi collegiali siamo ventisei in tutti:
otto grandi, dodici mezzani e sei piccoli.
Io sono il più piccino di tutti. Si dorme in
tre camerate, una accanto all'altra, si
mangia tutti in un gran salone, due pasti al
giorno e la mattina il caffè e latte col pane
inzuppato, ma senza burro e sempre con
poco zucchero.
Il primo giorno a desinare vedendo venir la minestra di riso esclamai:
- Meno male! Il riso mi piace moltissimo... -
Un ragazzo di quelli grandi che sta di posto accanto a me (perché a tavola ci mettono sempre
alternati, uno piccino e uno più grande) e che si chiama Tito Barozzo ed è napoletano, dètte in una
gran risata e disse:
- Tra una settimana non dirai più così! -
Io allora non capii niente, ma ora ho compreso benissimo il significato dì quelle parole.