Page 103 - Il giornalino di Gian Burrasca
P. 103

solitudine delle mie povere budella...
               Fortunatamente questo atroce supplizio durò poco, perché ogni desiderio mi sparì come per
            incanto dallo stomaco appena scoprii la ricetta con la quale il cuoco del collegio faceva la sua
            ottima minestra di magro.
               Stando   appollaiato   sulla   finestra   avevo   visto   più   volte   andare   e   venire   lo   sguattero,   un
            ragazzettaccio che da quel che capii era stato preso da poco perché sentivo il cuoco che gli diceva
            continuamente: - Fa' così, fa' cosà, piglia qui, piglia là - e gli insegnava tutto quel che aveva a fare e
            dove stavano gli utensili e come dovevano essere adoperati...
               - Tutti i piatti sudici di ieri, - gli domandò a un certo punto il cuoco - dove gli hai messi?
               - Lassù su quell'asse come mi diceste voi.
               - Benone! Ora rigovernali nella solita caldaia dove hai rigovernato ieri e ier l'altro, ché l'acqua
            calda dev'essere al punto giusto... E poi risciacquali come le altre volte nell'acqua pulita. -
               Lo sguattero portò tutti i piatti sudici nel cortiletto e a due a due li fece scivolare dentro il
            caldaione dell'acqua calda. Poi si mise a tirarli su, a uno per volta, sciaguattandoli e strisciandovi
            sopra l'indice della destra steso per
               levarvi bene l'unto...
               Quand'ebbe tirato su l'ultimo piatto, lo sguattero esclamò immergendo la mano nella caldaia:
               - Che brodo! Si taglia col coltello!...
               - Benone! - disse il cuoco comparendo sull'uscio della cucina. – Gli è come deve essere per la
            minestra d'oggi. -
               Lo sguattero sgranò tanto d'occhi, proprio come feci io lassù sul mio osservatorio.
               - Come! La minestra d'oggi?
               - Sicuro! - spiegò il cuoco, accostandosi al caldaione. - Questo è il brodo per la minestra di
            magro alla casalinga del venerdì che piace tanto a tutte queste carogne di ragazzi. Capirai! Qui ci
            son tutti i sapori...
               - Sfido io! Ci ho rigovernato i piatti di due giorni di seguito...
               - E prima che tu venissi tu c'erano stati rigovernati i piatti d'altri due giorni... Insomma, per tu'
            regola, in questa caldaia si comincia a rigovernar la domenica e si dura fino al giovedì, sempre nella
            medesima acqua; e capirai bene che quando si arriva al venerdì l'acqua non è più acqua, ma è un
            brodo da leccarsi i baffi...
               - Vo' direte bene, - disse lo sguattero sputando - ma io i baffi non me li voglio leccare un
            accidente...
               - Grullaccio! - ribatté il cuoco. - Ti par’egli che noi si mangi di questa roba? Il personale di
            cucina mangia la minestra speciale che si fa per il direttore e per la direttrice...
               - Ah! - fece lo sguattero, tirando un gran respiro di sollievo.
               - Ora, via: portiamo la caldaia sul fuoco, che c'è già il pane bell'e affettato e il soffritto è pronto.
            E tu impara il mestiere, e mosca! Il personale di cucina, questo te l'ho già spiegato, non deve mai far
            parola con nessuno al mondo di quel che si fa intorno ai fornelli. Hai capito? -
               E, uno da una parte uno dall'altra, afferrarono la caldaia e l'alzarono di peso; ma allo sguattero
            nel chinarsi cadde nella caldaia il berrettaccio tutt'unto che aveva in testa, ed egli fermatosi dette in
            una grande risata e ritiratolo su strizzandovelo dentro esclamò:
               - Gua'! Ora gli è anche più saporito di prima! -
               A questo punto non ne potetti più dallo schifo e dall'ira: e cavatomi la scarpa rimastomi in piedi
            la tirai giù con forza nella caldaia urlando.
               - Porci! allora metteteci anche questa!... -
               Il cuoco e lo sguattero si voltarono in su, come due spiritati, e mi par di vedere anche ora quei
            quattro occhi dilatati, fissi su me in una comica espressione di maraviglia e di sgomento.
               Io intanto seguitavo a lanciar loro tutti i titoli che si meritavano, finché essi, riavutisi finalmente
            dallo sbalordimento, si precipitarono dentro la cucina.
               Pochi minuti dopo, la piccola porta della mia prigione si apriva e vi entrava di profilo - ché
            altrimenti non ci sarebbe potuta passare - la signora Geltrude declamando:
               - Ah disgraziato! Uh, che vedo!... A rischio di cader giù e sfracellarsi!... In nome di Dio,
            Stoppani, che cosa fate costassù?
   98   99   100   101   102   103   104   105   106   107   108