Page 101 - Il giornalino di Gian Burrasca
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- Bada bene però, - disse un certo Maurizio Del Ponte. - Guai se...
               - Io, per tua regola - lo interruppi con alterezza, avendo capito quel che voleva dire - la spia non
            l'ho mai fatta e spero bene! -
               Allora il Michelozzi che era rimasto sempre prudentemente con le mani didietro, tirò fuori un
            sigaro toscano ancora acceso, se lo cacciò avidamente tra le labbra, tirò due o tre boccate e lo passò
            al Pezzi che fece lo stesso passandolo poi al Barozzo che ripeté la medesima funzione passandolo al
            Del Ponte che, dopo le tre boccate di regola, lo rese al Michelozzi... e così si ripeté il passaggio
            parecchie volte, finché il sigaro fu ridotto a una misera cicca e la stanza era così piena di fumo che
            ci si asfissiava...
               - Apri il finestrino! - disse il Pezzi al Michelozzi. E questi si era mosso per eseguire il saggio
            consiglio quando il Del Ponte esclamò:
               - Calpurnio! -
               E si precipitò fuori della stanza seguito dagli altri tre.
               Io, sorpreso da quella parola ignorata, indugiai un po' nella istintiva ricerca del suo misterioso
            significato, pur comprendendo ch'era un segnale di pericolo; e quando a brevissima distanza dagli
            altri feci per uscir dalla porticina, mi trovai a faccia a faccia col signor Stanislao in persona che mi
            afferrò per il petto con la destra e mi ricacciò indietro esclamando:
               - Che cosa succede qua? -
               Ma non ebbe bisogno di nessuna risposta; appena dentro la stanza comprese perfettamente quel
            che era successo e con due occhi da spiritato, mentre gli tremavano i baffi scompigliati dall'ira,
            tonò:
               - Ah, si fuma! Si fuma, e dove si fuma? Nella stanza del petrolio, a rischio di far saltar l'istituto!
            Sangue d'un drago! E chi ha fumato? Hai fumato tu? Fa' sentire il fiato... march! -
               E si chinò giù mettendomi il viso contro il viso in modo che i suoi baffoni grigi mi facevano il
            pizzicorino nelle gote. Io eseguii l'ordine facendogli un gran sospiro sul naso ed egli si rialzò
            dicendo:
               - Tu no... difatti sei troppo piccolo. Hanno fumato i grandi... quelli che sono scappati di qui
            quando io imboccavo il corridoio. E chi erano? Svelto... march!
               - Io non lo so.
               - Non lo sai? Come! Ma se erano qui con te!
               - Sì, erano con me... ma io non li ho visti... Sa, con questo fumo!... -
               A queste parole i baffi del signor Stanislao incominciarono a ballare una ridda infernale.
               - Ah! Sangue di un drago! Tu ardisci rispondere così al direttore? In prigione! In prigione!
            March! -
               E afferratomi per un braccio mi portò via, chiamò un bidello e gli disse:
               - In prigione fino a nuov'ordine! -

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               La prigione è una stanzetta su per giù come quella dei lumi a petrolio, ma più alta della metà, e
            c'è una finestra lassù per aria, con una barra di ferro che le dà, proprio l'aspetto triste di una
            prigione.
               Fui serrato lì dentro a catenaccio, e vi rimasi solo con ì miei pensieri finché non venne a farmi
            visita la signora Geltrude la quale mi fece una lunga predica sul pericolo dell'incendio che avrebbe
            potuto succedere se il fuoco del sigaro si fosse appiccato al petrolio, e seguitò a declamare per un
            bel pezzo per finire poi, con voce patetica, a scongiurarmi di dire a lei la verità, assicurandomi che
            non era per dare delle punizioni ai colpevoli, ma per prendere delle precauzioni nell'interesse di
            tutti...
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