Page 94 - Il giornalino di Gian Burrasca
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18 gennaio.
Mi convinco sempre più che è molto difficile per un ragazzo il
prevedere le conseguenze di quello che fa, perché anche la burla più
innocente può causare a volte delle complicazioni straordinarie, che
neppure a esser grandi si saprebbero immaginare.
Iersera, dunque, appena Ambrogio ritornò al suo solito tavolino e si
mise le lenti sul naso, fece un atto di meraviglia: e dopo averle rigirate
tra le dita e ben considerate da tutte le parti e averle appannate più
volte col fiato e ben ben ripulite col suo fazzolettone a scacchi turchini
ed essersele rimesse sul naso, incominciò a mugolare:
- O Dio, o Dio, o Dio! Che diamine mai m'è accaduto? Non ci
veggo più... Ah! Ho capito... questa è una conseguenza dello spavento
di ieri! Vuol dire che sono ammalato grave... Pover' a me! Son
rovinato... - E andò a rammaricarsi col Maralli, al quale chiese il
permesso di assentarsi subito dallo studio per recarsi in una farmacia,
perché sentiva dì non reggere e certo gli era per venire qualche cosa di
molto serio.
E questa è una conseguenza. L'altra è anche più strana e complicata.
Stamani il signor Venanzio s'è messo nella poltrona per leggere
come fa sempre il Corriere della Sera che, invece, gli arriva la mattina;
ma appena s'è messo le lenti ha incominciato a dire: - Uh! mi si
appannano le pupille... Uh! mi si confonde la vista... Mi gira la testa...
Ah, ci siamo! Per carità, mandate subito a chiamare il medico... e un
notaro, mi raccomando! Un notaro! -
Allora in casa è successo una rivoluzione. Il Maralli è accorso al fianco dello zio e, ficcatogli il
corno acustico nell'orecchio ha cominciato a dirgli - Coraggio, zio... Ci son qui io, non tema di
niente! Penso a tutto io... Non si spaventi, è un deliquio passeggero... -
Ma il signor Venanzio aveva chiuso gli occhi ed era stato preso da un tremito che andava
aumentando sempre più.
Arrivato il medico l'ha visitato e ha detto che il malato era in condizioni disperate. A questa
notizia il Maralli è diventato di tutti i colori, non poteva più star fermo, e non faceva che ripetere:
-- Zio, coraggio... Sono qui io! -
Per metter fine a questa scena tragica son corso nella stanza d'aspetto e ho preso le lenti
d'Ambrogio (che egli aveva lasciato iersera sul suo tavolino) con l'intenzione di portarle al signor
Venanzio, e che avrebbero fatto il miracolo di guarirlo immediatamente. Ma quando son ritornato la
porta era chiusa e di fuori stava mio cognato e Virginia.
Il Maralli era piuttosto allegro, e ho sentito che diceva:
- Ha detto al notaro che sarebbe stata una cosa lesta... e questo, capirai, è un buon segno perché
vuol dire che ci saranno pochi legati... -
E a me che avevo steso la mano per aprir la maniglia della bussola ha soggiunto:
- Lascia andare... Non si può entrare. C'è il notaro... fa il testamento... -
Di lì a poco mio cognato se n'è andato nello studio perché gli è venuto un cliente, e anche
Virginia è andata via, raccomandandomi di star lì e di avvertirla appena fosse uscito il notaro.
Ma io, invece, quando il notaro è uscito sono entrato in camera e presa la trombetta ho gridato al
signor Venanzio:
- Non dia retta al dottore! Lei si è impaurito perché non ci vedeva più coi suoi occhiali... Ma si
tratta probabilmente di un indebolimento di vista. Provi questi d'Ambrogio che sono più forti dei
suoi... -
E messegli sul naso le lenti che avevo con me gli ho presentato davanti agli occhi il Corriere
della Sera.
Il signor Venanzio allora, nel vedere che ci vedeva, s'è calmato subito, poi ha fatto il confronto
fra le due paia di lenti, e abbracciandomi mi ha detto: