Page 93 - Il giornalino di Gian Burrasca
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porta.
               - Ah! - ha gridato mostrandomi il pugno - sei stato tu, ancora coi tuoi fuochi d'artifizio? Ma
            dunque hai giurato proprio di farmi rovinar la casa in capo? -
               Io allora ho cercato di rinfrancare anche lui dicendogli:
               - Ma no, via; t'assicuro che non è rovinato altro che uno scaldino... Non è niente, vedi? È stata
            più la paura che il danno... -
               Non l'avessi mai detto! Mio cognato è diventato rosso dalla rabbia, e ha incominciato a gridare:
               - Che paura e non paura, brutto imbecille che non sei altro! Io non ho paura di nulla, per tua
            regola... ma ho paura a tenerti in casa mia, perché sei un flagello, e vedo che, prima o poi, finiresti
            col farmi la pelle... -
               Io allora mi son messo a piangere e sono scappato in camera mia, dove poco dopo è venuta mia
            sorella che mi ha fatto una predica d'un'ora, ma poi ha finito col perdonarmi e col persuadere il
            Maralli a non riportarmi a casa mia per esser mandato in collegio.
               E io, per dimostrargli la mia gratitudine, stamani prima che egli andasse nello studio, gli ho
            messo sulla scrivania la cartella nuova che gli comprai, e ho buttato quella vecchia nel caminetto.
               Speriamo che anche lui mi sia grato della mia gratitudine...
















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               Oggi ho pensato tutto il giorno a correggermi del difetto di fare gli scherzi di cattivo genere, e
            perciò mi è venuto in mente di farne uno che non può aver nessuna seria conseguenza né recar
            danno a nessuno.
               Mentre ero dal signor Venanzio, che tra parentesi si è divertito un mondo al racconto del fatto
            d'ieri, ho colto il momento in cui aveva posato le lenti sul tavolino e gliele ho prese. Poi sono andato
            nella stanza d'aspetto, e quando Ambrogio è andato nello studio a parlare col Maralli, lasciando le
            sue lenti sul tavolino, ho preso anche le sue e son corso in camera mia.
               Lì ho rotto una delle due punte di un pennino facendone un piccolo cacciavite; e con questo,
            svitando i perni delle lenti ho messo quelle d'Ambrogio nei cerchietti d'oro del signor Venanzio e le
            lenti del signor Venanzio nei cerchietti d'acciaio di Ambrogio, riserrando poi i pernetti con le viti
            com'eran prima.
               L'operazione è stata fatta così alla lesta, che ho potuto rimettere le due paia di lenti al loro posto
            senza che né Ambrogio né il signor Venanzio si fossero accorti della loro mancanza.
               Non mi par vero dì vedere come anderà, a finire questo scherzo che non potrà essere certo
            giudicato uno scherzo di cattivo genere.
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