Page 92 - Il giornalino di Gian Burrasca
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pieno di gentilezze e dice sempre che sono un ragazzo originale e che si diverte un mondo a
            sentirmi discorrere.
               È di una curiosità straordinaria. Vuol saper tutto quello che si fa in casa e tutto quello che si dice
            di lui, e per questo mi dà quattro soldi al giorno.
               Stamani, per esempio, si è molto interessato ai soprannomi coi quali lo chiamano in casa, e io
            glie ne ho detti parecchi.
               Mia sorella Virginia lo chiama  vecchio spilorcio, sordo rimbambito, spedale ambulante; il
            Maralli lo chiama lo zio Tirchio, lo zio Rùdero, e spesso gli dice anche vecchio immortale perché
            non muore mai. Perfino la donna di servizio gli ha messo il soprannome: lo chiama Gelatina perché
            trema sempre.
               - Meno male! - ha detto il signor Venanzio. - Bisogna convenire che, fra tutti, la più gentile verso
            di me è la serva. La ricompenserò! -
               E s’è messo a ridere come un matto.

                                    16 gennaio.


                                    Ho già pensato al regalo che debbo fare a mio cognato. Gli comprerò una
                                 bella cartella da tenere sulla sua scrivania invece di quella che ha ora, che è
                                 tutta strappucchiata e sudicia d'inchiostro.
                                    E poi comprerò anche un paio di razzi che manderò dalla terrazza in segno
                                 di gioia per esser finalmente diventato un buon ragazzo come desiderano i
                                 miei genitori.



                                    17 gennaio.

                                    Ieri mattina me n’è successa una bella.
                                    Nel ritornare a casa, dopo aver comprato la cartella per il Maralli e i due
                                 razzi, passai dallo studio, e vedendo nella stanza d'aspetto che Ambrogio non
                                 c'era e che aveva lasciato sotto il tavolino lo scaldino spento, mi venne l'idea
                                 di fargli una sorpresa e gli ci misi dentro i due razzi, nascosti ben bene sotto la
                                 cenere.
                                    Veramente, se avessi potuto immaginare le conseguenze, questo scherzo
                                 non lo avrei fatto; ma come si fa, santo Dio, a immaginarsi le conseguenze che
                                 hanno il torto di venir sempre dopo, quando nelle cose non c'è più rimedio?
                                    Però da qui in avanti voglio pensarci ben bene prima di fare una burla in
                                 modo che non mi succeda più di sentirmi dire, come per questo fatto, che io fo
                                 gli scherzi di cattivo genere.
                                    È stata proprio una faccenda seria, ma per me che sapevo che non c'era
                                 pericolo è stata una cosa da morire dal ridere.
               Io avevo visto Ambrogio andare in cucina ad assettare lo scaldino, come fa tutte le mattine, e
            naturalmente stavo in vedetta. A un certo punto si è sentito un gran tonfo ed un urlo, e allora mio
            cognato e due clienti che erano nello studio si son precipitati nella stanza d'aspetto e son corse pure
            Virginia e la donna di servizio per vedere quel che era successo. Ma ecco che, quando tutti erano lì
            riuniti, scoppia nello scaldino un tonfo più grosso di prima, e allora via tutti come pazzi a scappar di
            qua e di là, lasciando quel povero Ambrogio solo, incastrato fra il tavolino e la seggiola e che non
            aveva la forza di moversi e balbettava:
               - Che sarà mai? Che sarà mai? -
               Io ho cercato di fargli coraggio, dicendogli:
               - Non è niente di pericoloso... Anzi! Io credo che sieno certi razzi che avevo messo lì per fare un
            po' di festa... -
               Ma il povero Ambrogio non capiva più niente e non mi sentiva neppure; però mi ha sentito il
            Maralli, che dopo essere scappato via con gli altri ora ritornava piano piano e faceva capolino alla
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