Page 62 - Il giornalino di Gian Burrasca
P. 62

ragazzo?
               Basta. L'interessante per me è che ora tutti mi vogliono bene; siamo tornati a casa, e nel ritorno
            sono stato a cassetta col vetturino, e ho guidato quasi sempre io; e, quel che più conta, ora non
            mangerò più minestre di capellini per un pezzo.



               12 dicembre.

               Gran bella cosa per un ragazzo avere delle sorelle
            grandi che piglian marito!
               Giù la sala da pranzo pare diventata una bottega di
            pasticcere... Vi sono preparate paste di tutte le qualità:
            le migliori però sono quelle con la conserva di frutta,
            ma son buoni anche i diti con la crema dentro, sebbene
            abbiano il difetto che quando si mettono in bocca da
            una parte per mangiarli, la crema scappa via         da
            quell'altra, e anche le maddalene nella loro semplicità
            sono
               squisite, ma in quanto alla delicatezza le marenghe bisogna lasciarle stare... Io però non le ho
            lasciate stare, e di quelle ne ho mangiate nove... Sono così fragili, che si struggono in bocca e non
            durano nulla.
               Tra un'ora gli sposi torneranno dal Municipio con i testimoni e tutti gli invitati, e allora avrà
            principio il rinfresco...
               In casa c'è soltanto Ada che piange, poveretta, perché vede che tutte le sorelle piglian marito e lei
            ha paura di far come la zia Bettina.
               A proposito: la zia Bettina non è venuta, benché il babbo l'abbia invitata. Ha risposto che non si
            sentiva di affrontare il viaggio, e che mandava tanti augurii di felicità dal fondo del cuore, ma
            Virginia ha detto che non sa che se ne fare, e che sarebbe stato meglio se quell’avaraccia le avesse
            mandato un regalo.


                                                             #

               Giornalino mio, rieccoci daccapo chiusi in camera, e forse, Dio non voglia, condannati alle
            minestre di capellini!
               Quanto sono disgraziato!... Sono tanto disgraziato che piangerei chi sa come, se non mi venisse
            da ridere nel ripensare alla faccia del Maralli quando è scoppiata la gola del camminetto. Com'era
            buffo, con quel barbone che gli tremava tutto dalla paura!
               Il disastro è stato grande; ed è inutile dire che la causa sono stato io, perché io sono la
            disperazione dei miei genitori e la rovina della casa... per quanto, alla fin dei conti, la rovina si
            riduca a una sola stanza e precisamente al salotto di ricevimento.
               Ecco dunque com'è andato il fatto.
               Quando il Maralli, mia sorella, il babbo, la mamma e tutti gli altri son tornati dal Municipio
            faceva un gran freddo, ragione per cui uno degli invitati, entrando nella sala da pranzo, ha detto:
               - Siamo tutti intirizziti; se ci date anche il rinfresco, moriremo qui assiderati! -
               Allora Virginia e l'avvocato Maralli hanno chiamato subito Caterina e le han fatto accendere il
            caminetto nella sala da ricevere.
               La Caterina, poveretta, ha obbedito e...
               Dio, che bomba!
               È parsa proprio una bomba; e poi lì per lì, tra la polvere, sotto 1a pioggia dei calcinacci che
            schizzavano qua e là si è creduto che rovinasse tutta la casa.
               Caterina è cascata lunga distesa senza più dar segno di vita; Virginia, che stava lì a vederle
            accendere il caminetto, ha cacciato un urlo come quando trovò il fantoccio sotto il letto; e il Maralli,
            bianco come un cencio lavato, scoteva il barbone e ballettava per la stanza ripetendo:
   57   58   59   60   61   62   63   64   65   66   67