Page 61 - Il giornalino di Gian Burrasca
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Allora io che stavo pronto, lesto come una saetta, sono sbucato dalla mia camera, sono uscito di
            casa, e via a corsa precipitosa dietro la carrozza che si era appena mossa.
               L'ho raggiunta poco distante da casa, ho agguantato la traversa di legno che è in fondo, dietro il
            mantice, e mi son ficcato lì a sedere, come fanno i ragazzi di strada, pensando fra me:
               - Ecco che ora non potrete più nascondermi dove andate!... -
               Il più bello poi è questo: che stando lì, udivo tutti i discorsi che facevano dentro la carrozza...
               E tra l'altro ho sentito il Maralli che diceva:
               - Per carità, badate che quel tremoto di Gian Burrasca non sappia niente di questa nostra gita...
            altrimenti lo ridice a mezzo mondo! -
               Cammina cammina, dopo molto tempo la carrozza s'è fermata e tutti sono scesi. Ho aspettato un
            poco e poi sono sceso anch' io.
               Oh maraviglia!
               Si era davanti a una chiesetta di campagna, nella quale erano entrati i miei genitori, le mie sorelle
            e il Maralli.
               - Che chiesa è questa? - ho domandato a un contadino che era lì fuori.
               - È la chiesa di San Francesco al Monte. -
               Sono   entrato   anch'io,   e   ho   visto   dinanzi   all'altar   maggiore   inginocchiati   davanti   al   prete
            l'avvocato Maralli e Virginia, e più indietro Ada, il babbo e la mamma.
               Io strisciando lungo la parete della chiesa mi sono avvicinato all'altare senza che nessuno si
            accorgesse di me, e così ho potuto assistere a tutto lo sposalizio, e quando il prete ha domandato a
            Virginia e al Maralli se erano contenti di sposarsi e che loro hanno risposto di sì, allora sono uscito
            a un tratto fuori dell'ombra e ho detto:
               - Sono contento anch'io; e allora perché non mi avete detto niente, brutti cattivi? -
               Non so perché,  ma  in  quel  momento  m'è venuto da piangere, perché  quell'azione  mi era
            dispiaciuta davvero, e tutti sono rimasti così meravigliati della mia apparizione, che nessuno ha
            fiatato.
               Ma subito la mamma si è messa a singhiozzare e mi ha preso tra le braccia e mi ha baciato,
            domandandomi con voce tremante:
               - Giannino mio, Giannino mio, ma come hai fatto a venir fin qui? -
               Il babbo ha borbottato:
               - Una delle solite! -
               Anche Virginia, dopo lo sposalizio, piangeva e mi ha abbracciato e baciato, ma il Maralli m'è
            parso molto malcontento, e presomi per un braccio mi ha detto:
               - Bada bene, Giannino, che non ti scappi detto a nessuno, in città, quello che hai visto... Hai
            inteso?
            - E perché?
               - Non ti impicciare del perché. Non son cose che possono capire i ragazzi, queste. Sta' zitto e
            basta. -
               Ecco dunque un'altra delle tante solite cose che i ragazzi non possono capire! Ed è possibile -
            domando io - che delle persone grandi credano sul serio che una ragione simile possa soddisfare un
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