Page 30 - Il giornalino di Gian Burrasca
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Lasciamola dire, bisogna compatire le persone ignoranti, perché loro non ci hanno colpa. Tra
pochi minuti arriverà il babbo e speriamo che egli saprà distinguere quel che è la verità...
17 ottobre.
Eccomi a casa mia, nella mia cameretta, che ho rivisto tanto volentieri!... È proprio vero quel che
dice il proverbio:
Casa mia, casa mia,
Per piccina che tu sia,
Tu mi sembri una badia.
E ora bisogna che ripigli la narrazione al punto dove l'ho lasciata ieri... Che giornata piena di
avvenimenti!...
Avevo appena smesso di scrivere, che arrivò alla villa il mio babbo. La zia Bettina aveva
incominciato a raccontargli le mie prodezze, come le chiamava lei, s'intende esagerando ogni cosa e
mettendo tutto in cattiva luce (ci vuol tanto poco a rappresentare il fatto più innocente come un
atroce delitto, quando si tratta di dare addosso a un povero ragazzo che non ha voce in capitolo!) ma
io ho incominciato a tempestare l'uscio di pugni e di calci, urlando a squarciagola:
- Apritemi! Voglio rivedere il mio babbo, io!...
La zia Bettina mi ha aperto subito e io mi son buttato addosso al babbo, coprendomi il viso colle
mani, perché in quel momento mi sentivo proprio commosso. - Cattivo, - mi ha detto - tu non puoi
figurarti quanto ci hai fatto soffrire tutti quanti!...
- È un infame! - ha aggiunto la zia Bettina. - Vedete un po' come ha ridotto quel mio povero
Bianchino!
- Toh! - ha esclamato il babbo guardando il cane tinto di rosso, e mettendosi a ridere. - Come è
buffo!
- È stato lui! Ed è tinta a olio che non va più via!... Povero Bianchino mio!...
- Che male c'è? - ho borbottato io con voce piagnucolosa. - Lo chiami Rossino da qui avanti...
- Ah sì? - ha gridato allora la zia con la sua voce stridula, e tremando dalla rabbia. - Questo
sfacciato ha incominciato di prima mattinata a farmi disperare...
- Ma che ho fatto, dopo tutto? Ho spiantato la pianta di dìttamo, ma io non sapevo che
gliel'avesse regalata il signor Ferdinando per la sua festa e che ora ci fosse dentro lo spirito...
- Basta così! - ha gridato la zia Bettina interrompendomi. - Vattene, e non ritornare mai più in
casa mia, hai capito?
- Silenzio! - ha aggiunto mio padre con voce severa; ma io mi sono accorto che rideva sotto i
baffi.
Poi ha parlato sottovoce con la zia e ho sentito che ricordava spesso mia sorella Luisa. E da
ultimo mi ha preso per la mano, e salutando la zia Bettina le ha detto:
- Dunque ci conto, via! Non sarebbe né giusto né serio, per un pettegolezzo riportato da un
ragazzo, il mancare a una festa di famiglia così importante. -
Quando siamo stati in treno, ho detto al babbo
- Hai proprio ragione, sai, babbo, a dir male del servizio ferroviario! -
E gli ho raccontato tutte le peripezie del mio viaggio e del finestrino rotto che mi fecero ripagare
per nuovo.
Il babbo mi ha un po' sgridato, ma ho capito che in fondo mi dava ragione, e questo è naturale,
perché io davo ragione a lui.
Ora sono in pace con tutti, e mi sento proprio felice.
Iersera, alla stazione c'era una vera folla ad aspettarmi: parenti, amici, conoscenti, tutti eran
venuti lì apposta per salutarmi, e non si sentiva dir altro che Giannino qua e Giannino là... Mi
pareva d'essere un soldato reduce dalla guerra, dopo aver vinto una battaglia.
Non dico poi quel che successe a casa; a pensarci solamente mi vien da piangere. La mamma,