Page 127 - Il giornalino di Gian Burrasca
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A un tratto dall'uscio che dalla sala mette nella camera dei due coniugi venne fuori una lunga
            figura così comicamente fantastica che, pur essendo recente la drammatica solennità di quel terribile
            convegno spiritistico, il cuoco e la direttrice non poterono frenar le risa.
               Il signor Stanislao pareva diventato più secco e più allampanato di prima; ma il pezzo della sua
            persona cui era impossibile volger lo sguardo senza ridere era la testa tutta monda e bianca come
            una palla di biliardo e con un occhio tutto cerchiato di nero intorno e con espressione di così comica
            desolazione che tanto io che Gigino Balestra, malgrado i nostri più eroici sforzi, non potemmo
            frenare una risata.
               Fortunatamente in quel momento ridevano anche il cuoco e la signora Geltrude, sicché non si
            accorsero di noi. Ma il direttore che non rideva dovette udire qualcosa perché volse l'atterrito occhio
            cerchiato di nero verso di noi... e noi ci frenammo ancora, resistendo finché ci fu possibile, ma la
            risata ad un tratto ci scappò via dal naso in un sordo grugnito e ci ritirammo, più in fretta che ci fu
            possibile in quella ristrettezza, nell'armadietto scendendo poi giù nella camerata.
               Gigino raggiunse il suo lettuccio e tutti e due spogliatici in un baleno ci ficcammo sotto le
            rispettive lenzuola palpitanti...
               Non ho chiuso occhio in tutta la notte, temendo sempre che tutto fosse stato scoperto e che
            un'improvvisa ispezione venisse a sorprenderci. Fortunatamente nulla di nuovo è accaduto e io
            posso stamani confidare al mio Giornalino le ultime vicende del collegio Pierpaoli.

               14 febbraio.


               Ho appena il tempo di segnare qui in stile telegrafico gli avvenimenti di ieri. Nel critico
            momento che attraversiamo se questo mio giornalino cadesse nelle grinfie della Direttrice sarebbe
            una rovina per tutti... Perciò l'ho levato dalla mia valigia e lo tengo legato sul petto con uno spago e
            vorrei vedere chi avesse l'ardire di venirmelo a cercare!
               Ecco dunque quel che è successo in queste ventiquattr'ore.
               Ieri fin dalla prima mattina in tutto il collegio ci fu un gran movimento e un gran chiacchierare
            sottovoce, ed anche un estraneo avrebbe capito subito che qualcosa di straordinario doveva essere
            avvenuto.
               Si era sparsa la notizia della fuga di Tito Barozzo e mentre tutti i collegiali commentavano il
            fatto e andavano a caccia di particolari, i bidelli e gli inservienti dell'Istituto andavano e venivano
            con certe facce smunte come se avessero perso un terno al lotto e davano in giro certe occhiate torve
            che parevan proprio poliziotti alla ricerca di qualche bandito.
               Intanto si diceva che la Direzione aveva diramato telegrammi a destra e a sinistra, avvisando le
            autorità di tutti i paesi vicini, dando i connotati del fuggiasco, mentre era aperta una severissima
            inchiesta per stabilire se nella fuga il Barozzo aveva avuto dei complici tra i suoi compagni o nel
            personale addetto al collegio.
               C'era in  giro   anche  la  notizia   che  la  Direttrice,   appena  scoperto   il   fatto   si   era  ammalata
            d'un'eruzione nella pelle ed era dovuta tornare a letto e che il Direttore per correre qua e là a dare
            ordini aveva battuto un occhio in uno spigolo e poi aveva preso una gran flussione sicché aveva la
            testa tutta rinfagottata in una gran ciarpa di seta nera e aveva un occhio anche più nero...
               Io e i miei compagni della Società segreta sapevamo il motivo di queste eruzioni e di queste
            flussioni, ma stavamo naturalmente zitti e cheti, limitandoci a scambiare degli sguardi che valevano
            cento discorsi.
               A colazione apparve in refettorio il signor Stanislao e non so come si facesse tutti quanti a non
            scoppiare in una clamorosa e sonora risata. Si sentiva bensì qua e là qualcuno che malgrado tutti gli
            sforzi sghignazzava, e si vedeva dovunque un grande affaccendarsi a pulirsi la bocca col tovagliolo
            per nascondere alla meglio l'ilarità che aveva invaso tutti...
               Com'era ridicolo, povero signor Stanislao, con quella ciarpona nera avvoltolata intorno alla zucca
            completamente pulita (noi della Società si sapeva che ormai non poteva più coprirsela con la
            parrucca ch'era stata buttata in un luogo tale che anche se l'avesse ritrovata, non se la sarebbe
            rimessa di certo!) e con quell'occhio grosso, languido e lacrimoso come un uovo al tegamino poco
            cotto...
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