Page 122 - Il giornalino di Gian Burrasca
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Oggi, durante l'ora di ricreazione, c'è stata l'elezione del presidente della nostra Società segreta.
               Tutti i soci avevano già scritto il nome scelto in pezzetti di carta che ripiegati sono stati messi in
            un berretto. Gigino Balestra che è il socio più piccino (ha due mesi e mezzo meno di me) ha fatto lo
            squittinio ed è risultato eletto presidente Mario Michelozzi.
               Anche io ho votato per lui perché se lo merita, e perché se da qualche giorno nel collegio non si
            mangia più la solita minestra di riso si deve a lui.
               Abbiamo discusso su quello che si deve preparare per la seduta spiritica di domani sera.
            Ciascuno aveva la sua idea, ma è stata approvata quella di Carlino Pezzi.
               Carlo Pezzi, che è quel ragazzo che ha la specialità della topografia, mentre cercava di stabilire
            su quale stanza dava il mio osservatorio, fece conoscenza con un ragazzo che serve da manovale ai
            muratori addetti ai lavori di riparazione nel collegio.
               Servendosi di questa sua amicizia egli spera di poter penetrare nel salone del ritratto di Pierpaolo
            e fare una cosa, che se riesce, avrà un effetto straordinario sui tre spiritisti...
               E poi... e poi... ma non voglio scrivere di quel che abbiamo progettato e complottato.
               Dirò solo che se quel che abbiamo pensato di fare riuscirà noi saremo finalmente vendicati di
            tanti bocconi amari che abbiam dovuto ingozzare... compresi quelli della famosa minestra di magro
            fatta con la rigovernatura dei nostri piatti, e quel che è peggio di quelli del signor Stanislao e della
            signora Geltrude.

               12 febbraio


               Dio, quanti avvenimenti si accumulano per stanotte!
               A pensarci mi va via la testa e mi pare d'essere il protagonista d'uno di quei romanzi russi dove
            tutto, anche le cose più semplici come sarebbe quella di mettersi le dita del naso, acquista una
            grande aria di tenebroso mistero.
               Intanto registrerò qui due notizie importanti.
               Prima: oggi Carlino Pezzi, mentre il Direttore e la Direttrice erano a pranzo, ha trovato modo per
            mezzo di quel suo amico manuale, di entrare nel salone di Pierpaolo dove l'imbianchino aveva
            lasciato una lunga scala che gli era servita per ritoccare la riquadratura del soffitto.
               In un attimo il Pezzi ha drizzato la scala al ritratto di Pierpaolo e, arrampicatosi fin lassù, con un
            temperino gli ha fatto due buchi negli occhi. Cosi tutto è stato felicemente preparato per il grande
            spettacolo di stanotte.
               Seconda notizia. Ho visto Tito Barozzo che era già stato messo a parte del nostro progetto e che
            mi ha detto:
               - Senti, Stoppani. Devi sapere che, dal giorno in cui ebbi a patire nella stanza del Direttore la
            grande umiliazione che tu sai e che ha annientato nell'anima mia ogni slancio di ribellione contro le
            ingiustizie e i soprusi che si commettono in questo collegio dove io son tenuto per compassione, un
            solo pensiero, uno solo, capisci? mi ha dato la forza finora di resistere, ed è questo: la fuga. -
               Io ho fatto un atto di sorpresa e di dolore all'idea di perdere un amico così simpatico e così amato
            da tutti; ma egli ha soggiunto subito:
               - È inutile, credi, ogni argomento che mi si potesse portare in contrario. Della mia miserabile
            condizione qui dentro non posso esser giudice che io, e io ti so dire che essa è intollerabile e che, se
            si dovesse prolungare, finirebbe con l'uccidermi.  Perciò  ho deciso  di scappare, e nulla potrà
            rimuovermi da questa mia risoluzione.
               - E dove anderai? -
               Il Barozzo s'è stretto nelle spalle allargando le braccia.
               - Non lo so: anderò per il mondo che è così grande e dove io sarò libero e non soffrirò mai che
            nessun mio simile ardisca umiliarmi come hanno ardito il mio tutore e il Direttore del collegio. -
               A queste parole pronunziate con nobile alterezza l'ho guardato con ammirazione e poi ho
            esclamato con entusiasmo:
               - Scappo anch' io con te!... -
               Egli mi ha guardato con uno sguardo pieno d'affetto che non scorderò mai e nel quale ho letto la
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