Page 131 - Il giornalino di Gian Burrasca
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Il bidello mi accompagnò in camerata, mi fece rivestire degli abiti da borghese
            che avevo quando entrai in Collegio, - e che tra parentesi mi eran diventati corti
            ma larghi, prova manifesta che il regime del collegio Pierpaoli fa allungare i
            ragazzi ma non li ingrassa - e preparare la mia valigia.
               Poi fece l'atto di andarsene dicendomi: - Stia qui, che tra poco arriverà il suo
            babbo e se Dio vuole si avrà dopo un po' di pace.
               - Imbecille più del signor Stanislao che è tutto dire! - gli risposi al colmo
            dell'ira.
               Egli parve offendersi e mi venne sulla faccia esclamando:
               - Lo ridica!
               - Imbecille! - ripetei io.
               Egli si morse un dito e si allontanò tutto stizzito, mentre io gli dicevo:
               - Se vuoi che te lo ridica anche un'altra volta non far complimenti, hai capito?
            -
               E dètti in una risata; ma era un riso sforzato,  perché nell'anima ero più
            arrabbiato io di lui, arrabbiato per non poter trovare il bandolo dell'arruffata
            matassa e per ignorare la sorte dei miei compagni della Società segreta.

               Mi   appariva   chiara   una   cosa:   che   la   risata   mia   e   di   Gigino   Balestra   mentre   eravamo
            nell’armadietto ad assistere alla famosa scena notturna aveva fatto scoprire a Calpurnio il nostro
            osservatorio; che zitto zitto Calpurnio lo aveva fatto murare mentre noi eravamo alle lezioni; che
            poi con una intuizione molto facile  Calpurnio  aveva capito che le bòtte distribuite nella fatale
            nottata non erano state date dallo spirito dello zio di sua moglie ma dai collegiali; che aveva perciò
            incominciato a interrogare qualche beniamino cercando di scuoprire quali collegiali in quella notte
            erano usciti di camerata; e che infine avevano trovato il beniamino che in quella notte, essendosi
            svegliato, aveva visto uscire dalla camerata i congiurati e aveva fatto bravamente la spia.
               E certamente le spie erano almeno due: una dei ragazzi grandi che aveva compromesso Mario
            Michelozzi, Carlo Pezzi e Maurizio Del Ponte, e una dei piccoli che aveva compromesso me e
            Gigino Balestra.
               Un'altra cosa era chiara: che Calpurnio, certamente guidato dall'astuta sua moglie, aveva basato
            tutto il suo processo sulla nostra complicità nella fuga del Barozzo, non accennando neanche
            lontanamente al nostro complotto, dirò così, spiritistico che era in realtà molto più grave ma che
            avrebbe, se ammesso e risaputo, fatto perdere il prestigio del Direttore e della Direttrice... e anche
            del cuoco!
               Però in questa ridda di tetri pensieri, di deduzioni e di induzioni che mi frullava nel cervello,
            un'idea buffa mi si riaffacciava continuamente:
               - Chi sa perché i compagni della Società segreta hanno messo al signor Stanislao il soprannome
            di Calpurnio? -
               E mi meravigliavo di non averne mai domandato una spiegazione finora che mi sarebbe stato
            così facile averla, mentre ora che mancava poco tempo ad abbandonare per sempre il collegio mi
            sentivo a un tratto una grande curiosità che mi pungeva sempre più, che a poco a poco mi invadeva
            tutto cacciando via, in seconda linea, tante altre preoccupazioni che pure avevano diritto d'essere
            accolte in prima fila...
               A un certo punto vidi passare pel corridoio il Michelozzi e mi slanciai verso di lui.
               - Dimmi - gli dissi rapidamente - perché il signor Stanislao si chiama Calpurnio? -
               Il Michelozzi mi guardò trasecolato.
               - Come! - disse. - Ma non sai quel che è successo? Non sei stato chiamato?
               - Sì: e sono stato mandato via. E voialtri?
               - Anche noi!
               - Sta bene: ma io voglio andar via sapendo il perché il signor Stanislao si chiama Calpurnio... -
               Il Michelozzi rise.
               - Guarda nella Storia Romana e capirai! - rispose e fuggì via.
               In quel momento passava un ragazzo della mia camerata, un certo Ezio Masi, che mi guardò con
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