Page 129 - Il giornalino di Gian Burrasca
P. 129

Quanti avvenimenti in questa settimana! Me ne sono accadute tante che non ho avuto mai il
            tempo di scriverle... Anche perché non volevo sciupare le mie avventure descrivendo in queste
            pagine troppo alla svelta, mentre meriterebbero di essere narrate in un romanzo.
               Perché la mia vita è un vero romanzo, e io quando ci penso non posso fare a meno di ripetere
            sempre fra me il solito ritornello:
               - Ah, se avessi la penna di Salgari, che volume vorrei scrivere, da far rimanere a bocca spalancata
            tutti i ragazzi di questo mondo, peggio che con tutti i corsari rossi e neri!... -
               Basta: scriverò come so, e tu, mio caro giornalino, non ti vergognerai, spero, se le tue pagine
            sono scritte con poca arte, tenendo conto in compenso che sono scritte con grande sincerità.
               E veniamo dunque alle grandi novità, la prima delle quali è questa: che io in questo momento sto
            scrivendo sul mio tavolino, in camera mia, di fronte alla finestra che dà sul mio giardino...
               Proprio così. Sono stato mandato via dal collegio Pierpaoli, e questa è certamente una gran
            disgrazia; ma sono finalmente in casa mia e questa è una grandissima fortuna.
               Andiamo dunque per ordine.
               La mattina del 14 avevo un triste presentimento, come appare dalle righe che scrissi in fretta e
            furia qui nel giornalino; e il presentimento non mi ingannava.
               Uscendo dalla camerata mi accorsi subito che qualche cosa di grosso era per succedere. Si
            vedeva nelle facce delle persone, si sentiva nell'aria un non so che di grave e di solenne che
            annunziava qualche avvenimento straordinario.
               Incontrai Carlo Pezzi che mi disse in fretta:
               - I grandi sono stati interrogati tutti, meno io, il Michelozzi e il Del Ponte...
               - E dei nostri, - risposi - sono stati chiamati tuttì meno io e Gigino Balestra!
               - È evidente che tutto è stato scoperto. Ho saputo che la signora Geltrude dirige il processo dal
            letto facendo agire Calpurnio che, certo, non sarebbe stato capace d'andare in fondo alla faccenda...
            Noi siamo tutti d'accordo, se saremo interrogati, a non rispondere neanche una sillaba, per non
            compromettere di più la situazione.
               - Io e il Balestra faremo lo stesso, - risposi alzando la destra in segno di giuramento.
               Proprio in quell'istante venne un bidello che mi disse:
               - Il signor Direttore la desidera. -
               Confesso che quello fu un brutto momento per me. Mi sentii un gran rimescolìo nel sangue... ma
            fu proprio un momento, e quando mi presentai in Direzione ero relativamente calmo e mi sentivo
            sicuro di me.
               Il signor Stanislao, sempre col suo turbante nero in testa e il suo occhio maculato che era
            diventato violetto, mi squadrò ben bene da dietro la sua scrivania, senza parlare, credendo di
            incutermi chi sa che paura, mentre invece io che conoscevo quest'arte, girai in qua e in là lo sguardo
            distrattamente sugli scaffali pieni di libri, tutti splendidamente rilegati, con certe dorature bellissime
            e che lui non leggeva mai.
               Finalmente il Direttore mi domandò a bruciapelo con accento severo:
               - Voi, Giovanni Stoppani, la notte dal 13 al 14 siete uscito verso mezzanotte dalla vostra
            camerata e non vi avete fatto ritorno che dopo un'ora circa. È vero? -
               Io seguitai a guardare i libri degli scaffali.
               - Dico a voi, - ripeté il signor Stanislao alzando la voce. - È vero o no? -
               E non ricevendo risposta urlò anche più forte:
               - Ehi, dico! Rispondete; e ditemi dove siete stato e che avete fatto in quell'ora! -
               Io a questo punto fissai lo sguardo sulla carta dell'America appesa alla parete a destra della
            scrivania e... seguitai a far l'indiano.
               Il signor Stanislao allora si alzò dalla sedia puntando le mani sulla scrivania e protendendo la
            faccia stralunata verso di me; poi al colmo dell'ira gridò:
               - Hai capito che devi rispondere, eh? Pezzo di canaglia! -
               Ma io non mi scossi, e pensai fra me:
               - Si arrabbia perché sto zitto; dunque io sono il primo dei collegiali compromessi che egli ha
            chiamato in Direzione! -
   124   125   126   127   128   129   130   131   132   133   134