Page 12 - Il giornalino di Gian Burrasca
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Io l'ho ringraziato come era mio dovere, e siccome lui ha cominciato
a rivolgermi delle interrogazioni sulle mie sorelle. io ho creduto bene
che quello fosse il momento buono per tirar fuori la fotografia. Sotto
c'era scritto a penna: vecchio gommeux; ma non so che cosa volesse dire.
Di più gli erano stati allungati i baffi e allargata la bocca fino alle
orecchie.
Lui nel vedere il suo ritratto ridotto a quel modo, è diventato rosso
come un peperone e ha detto subito:
- Ah! sei stato tu, eh, brutto birbante? -
Io gli ho risposto di no, che avevo trovato le fotografie a quel modo in
camera delle mie sorelle, e sono scappato via perché aveva un viso da far
paura, e poi non volevo più perder tempo con lui a dargli altre
spiegazioni, avendo da distribuire le altre fotografie che avevo preso.
Infatti sono andato subito in farmacia da Pietrino Masi.
Come è brutto, povero Pietrino, con quei capellacci rossi e con quella
faccia gialla tutta butterata! Ma lui non se lo figura nemmeno...
- Buon giorno, Pietro, - gli ho detto.
- O Giannino! - mi ha risposto. - E a casa stanno tutti bene?
- Sì, e tanti saluti da tutti. -
Lui allora ha tirato giù dallo scaffale un bel barattolo di vetro bianco e
mi ha detto:
- Che ti piacciono le pasticche di menta?
E senza aspettare che gli rispondessi, me ne ha date una manciata di tutti i colori.
È proprio vero che i ragazzi che hanno la fortuna d'avere delle sorelle simpatiche ricevono
sempre mille attenzioni dai giovanotti! Io ho preso tutte le pasticche, poi ho tirato fuori la fotografia,
e facendogli l'occhio pio, gli ho detto:
- Guarda qui: l'ho trovata in casa stamani.
- Fammi vedere! - E Pietrino Masi ha steso la
mano, ma io non gli volevo dare il ritratto a
nessun costo; però lui me l'ha preso per forza, e
così ha potuto leggere quel che c'era scritto di
dietro col lapis blù.
Ha chiesto la mia mano, ma fossi minchiona!
Pietrino è diventato bianco come questo
foglio, e lì per lì credevo perfino che gli venisse
uno svenimento. Ma invece ha detto digrignando
i denti:
- È una vergogna che le tue sorelle piglino
così in giro le persone per bene, hai capito? -
Benché io avessi capito benissimo, lui per
spiegarmelo meglio ha alzato una gamba per
appiccicarmi un calcio, ma io ho fatto una
cilecca e ho infilato svelto svelto la porta, e mi
c'è entrato anche di pigliare un'altra manciata di
pasticche di menta che erano rimaste sparse sul
banco. E sono andato da Ugo Bellini.
Ugo Bellini è un avvocato giovanissimo: avrà ventitré anni, e sta nello studio insieme al suo
babbo, che è avvocato anche lui, ma di quelli bravi, in Via Vittorio Emanuele al numero 18. Ugo, a
vederlo camminare, par che sia chi sa chi; va via tutto impettito, col naso per aria, e quando discorre
ha una voce da basso profondo, che pare se la faccia venir su dalle suola delle scarpe.
È proprio buffo, e le mie sorelle hanno ragione; ma io, nel presentarmi a lui, avevo un po' di
tremarella, perché è un tipo che non vuole scherzi. Mi sono affacciato all'uscio e gli ho detto: