Page 113 - Il giornalino di Gian Burrasca
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con fare impacciato. Mi sentivo nell'anima lo sguardo fisso, acuto della signora Geltrude che, fin dal
primo momento in cui s'era alzato da sedere il Barozzo gettando l'allarme contro la minestra di
magro, non mi aveva mai levato gli occhi da dosso.
Durante l'ora della ricreazione continuò la vigile sorveglianza della direttrice e non potei parlare
che di sfuggita col Michelozzi.
- Che si fa?
- Prudenza! Bisogna prima sentire il Barozzo. -
Ma il Barozzo non fu visto da nessuno in tutto il giorno.
La sera ricomparve a cena, e pareva un altro. Aveva gli occhi rossi e infossati e sfuggiva gli
sguardi curiosi dei suoi compagni, special cute di noi della Società segreta.
- Che è stato? - gli domandai piano.
- Zitto...
- Ma che hai?
- Se mi sei amico non parlarmi. -
Il suo fare era imbarazzato, la sua voce mal sicura.
Che era dunque accaduto?
Ecco la domanda che mi rivolgevo ieri senza trovarvi una risposta.
Ieri sera appena i miei piccoli compagni di dormitorio si furono addormentati, mi ficcai dentro il
mio armadietto, senza neppur pensare a scrivere in queste pagine i fatti della giornata, per quanto
fossero di grande importanza. Era per il momento assai più importante il vedere quel che accadeva
nella sala del defunto professor Pierpaolo Pierpaoli cercando di scoprire le batterie nemiche.
E per la verità, la mia aspettazione non fu punto delusa.
Appena dentro nel mio osservatorio sentii la voce della signora Geltrude che diceva:
- Sei un perfetto imbecille! -
Capii subito che parlava con suo marito; e difatti, accostato l'occhio al forellino fatto nel ritratto
del compianto fondatore di questo collegio, ho visto giù nella sala i due coniugi direttori, l'uno di
fronte all'altra, la direttrice con le mani sul fianchi, col naso addirittura paonazzo e gli occhi
sfavillanti, e il direttore dritto, rigido in tutta la sua lunghezza, nell'attitudine di un generale che si
prepari a sostenere un assalto.
- Sei un perfetto imbecille! - ripeteva la signora Geltrude. - E si deve a te, naturalmente, se
abbiamo tra i piedi quel pezzente napoletano che finirà col rovinare l'istituto propalando l'affare
della minestra...
- Calmati, Geltrude, - rispondeva il signor Stanislao - e cerca di considerare seriamente la cosa.
Prima di tutto il Barozzo fu accettato di comune accordo a condizioni eccezionali per riguardo al
suo tutore che ci procurò altri tre convittori a retta intera...
- D'accordo? E sfido! Non la finivi più con le tue ragionacce stupide...
- Via, Geltrude, cerca di moderarti e di ascoltarmi. Il Barozzo, vedrai, non abuserà della scoperta
fatta con la sua anilina. Tu sai che egli ignorava di esser tenuto qui a patti speciali; e io profittando
di questo e toccando la corda sensibile della sua dignità gli ho fatto considerare con un discorso
molto efficace, che egli era tenuto qui quasi per compassione e che perciò aveva, lui più degli altri,
il dovere di mostrarsi grato e affezionato a noi e al nostro istituto. A questa rivelazione il Barozzo è
rimasto talmente turbato che non ha avuto più parola ed è diventato un pulcino. Dopo la mia
reprimenda ha balbettato: “Signor Stanislao, mi perdoni... Capisco ora di non avere qui dentro
nessun diritto... e può esser sicuro che non avrò mai né una parola né un atto contro il suo collegio...
Glielo giuro”.
- E tu, imbecille, ti fidi dei suoi giuramenti?
- Certamente. Il Barozzo ha un fondo di carattere serio ed è rimasto molto impressionato dal
quadro che gli ho fatto delle sue condizioni di famiglia. Sono assolutamente sicuro che da parte sua
non avremo nulla da temere...
- Non capisci nulla. E lo Stoppani? Lo Stoppani che è la causa prima dello scandalo? Lo
Stoppani che è proprio quello che ha messo il campo a rumore per la minestra di magro?
- Lo Stoppani è meglio lasciarlo stare. Per lui è un altro paio di maniche; egli è addirittura un
bambino e le sue chiacchiere non possono nuocere alla buona fama dell'istituto...