Page 109 - Il giornalino di Gian Burrasca
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6 febbraio.

               È vicina la sveglia, giornalino mio, e io ho molti fatti da registrare.
               Prima di tutto una lieta notizia: i convittori del collegio Pierpaoli non mangeranno più minestra
            di riso per un pezzo!
               Iersera, quando tutti dormivano, io che stavo sull'attenti sentii nella porta del dormitorio un lieve
            sgretolo a più riprese, come quello di un tarlo. Era il segnale convenuto: il Michelozzi raschiava la
            porta con l'unghia per avvertirmi di portar fuori il bottiglione pieno di petrolio, ciò che io feci in un
            batter d'occhio.
               Egli lo prese e porgendomi la mano mi sussurrò in un orecchio:
               - Vieni dietro a me rasentando il muro... -
               Che palpiti nell'avventurarsi così, nel buio dei corridoi, fermandosi in ascolto a ogni più lieve
            rumore, trattenendo il respiro...
               A un certo punto, sboccando da un corridoio stretto stretto, la scena fu rischiarata da una finestra
            le cui imposte erano aperte, e ci fermammo dinanzi a una porticina nascosta nel muro.
               - Il magazzino! - mormorò il Michelozzi. - Prendi questa chiave... È quella del gabinetto di fisica
            e apre benissimo anche questa porta... Fa' piano... -
               Presi la chiave, la introdussi pian piano e la girai nella serratura adagino adagino... La porticina si
            aprì ed entrammo.
               Il magazzino era fiocamente illuminato dal chiarore che veniva da un finestrino aperto sulla
            parete difaccia alla porta, in alto; e a quella luce incerta vedemmo da un lato una fila di balle aperte,
            con della roba bianca...
               Vi misi le mani; era il riso, quell'odiato riso che nel collegio Pierpaoli ci era servito a tutti i pasti,
            tutti i giorni, meno il Venerdi e la domenica...
               - Aiutami! - mormorò il Michelozzi.
               Lo aiutai ad alzare il bottiglione, e giù! innaffiammo ben bene le balle col petrolio.
               - Ecco fatto! - aggiunse il mio compagno posando il bottiglione in terra e incamminandosi verso
            l'uscita. - E ora quella bella provvista di riso posson farsela fritta. -
               Io non risposi. Avevo adocchiato un sacco di fichi secchi e me ne ero empite già le tasche e la
            bocca.
               Dopo aver richiusa la porticina tornammo cautamente per la strada già fatta e ci separammo
            dinanzi al mio dormitorio.
               - Tutto è andato bene! - disse a bassa voce il Michelozzi - e abbiamo reso un grande servigio a
            tutti i nostri compagni. Ora vo a riportare la chiave del gabinetto di fisica al suo posto e poi a letto...
            Uno per tutti!
               - Tutti per uno! - e ci stringemmo la mano.
               Io zitto zitto andai a letto; ma ero così commosso per questa avventurosa spedizione notturna che
            non potevo prender sonno.
               Alla fine mi decisi a ripigliare il mio lavoro dentro l'armadietto; il segnale col quale il Michelozzi
            mi aveva prima annunziato la sua presenza mi aveva suggerito il modo di forare senza pericolo la
            tela che rendeva inutile il mio osservatorio.
               Ma prima di accingermi a tal lavoro ho voluto allargare la buca, e adoperando con tutta la
            prudenza possibile lo scalpello nelle connessiture dei quattro lati di un mattone riuscii a indebolirlo
            talmente che finì con lo staccarsi.
               Ora avevo dinanzi a me un vero e proprio finestrino che potevo a mio talento richiudere e
            riaprire, rimettendo o rilevando il mattone, a seconda del bisogno.
               Restava a bucar la tela che vi era dinanzi. Un po' con l'unghie e un po' con lo scalpello mi misi a
            grattarla a riprese cadenzate, pensando:
               - Anche se di dentro sentono questo rumore crederanno che sia un tarlo e io potrò seguitare il mio
            lavoro fino a che non abbia raggiunto lo scopo. Difatti ho seguitato a grattare finché non ho sentito,
            tastando col dito sulla tela, un forellino... Ma nella stanza che era oggetto di tante faticose ricerche
            da parte di Maurizio Del ponte v'era buio perfetto.
               Allora, non essendovi per il momento altro da fare, me ne ritornai a letto soddisfatto del mio
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