Page 112 - Il giornalino di Gian Burrasca
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A un tratto eccola!... I nostri colli si allungano, i nostri occhi seguono con grande curiosità le
            zuppiere... e appena la minestra incomincia a riempire le scodelle tutte le bocche si arrotondano in
            un lungo  ooooh!... di meraviglia e un mormorio generale si leva nel quale son ripetute queste
            parole: - L'è rossa!... -
               La signora Geltrude, che gira qua e là dietro le nostre sedie, si ferma ed esclama sorridendo:
               - Si capisce! ci sono le barbabietole rosse, non vedete? -
               E la minestra di magro, infatti, questa volta, è piena di piccole fette di barbe rosse, testimoni muti
            e terribili, per la nostra Società segreta, della ingegnosa nequizia del cuoco...
               - E ora che si fa? - dico piano al Barozzo.
               - Ora si fa così! - mormora egli con gli occhi sfavillanti di sdegno.
               E alzatosi in piedi, girando lo sguardo intorno ai compagni, esclama con la sua voce energica:
               - Ragazzi! nessuno mangi questa minestra rossa... Essa è avvelenata! -
               A queste parole i collegiali lasciano cadere il cucchiaio sulla tavola e rissano gli occhi in faccia a
            Barozzo esprimendo il massimo stupore.
               La direttrice, il cui volto è diventato anche più rosso della minestra, accorre e afferrato il Barozzo
            per un braccio gli grida con la sua voce stridula:
               - Che dici?
               - Dico - ripiglia il Barozzo - che non sono le barbe che tingono di rosso la minestra ma è l'anilina
            che ci ho messo io! -
               L'affermazione fatta con tanta precisione e tanta fermezza dal coraggioso presidente della Società
            Uno per tutti e tutti per uno  sconvolge addirittura la signora Geltrude che resta li per qualche
            minuto confusa, senza poter nulla rispondere; ma infine l'ira sua terribile esplode in questa frase
            piena di recondite minacce:
               - Tu!... tu!... tu!... Ma sei pazzo?...
               - No, non sono pazzo - ribatte il Barozzo. - E ripeto che questa minestra è rossa in causa
            dell'anilina che vi ho messo io, mentre avrebbe avuto tutte le ragioni di diventar rossa di vergogna
            per il modo col quale è fatta!-
               Questa bella frase, detta con quell'accento meridionale così sonoro, ha finito di sconvolgere la
            povera direttrice che non sapeva far altro che ripetere:
               - Tu! Tu! Proprio tu!... -
               E infine, scostando la sua sedia, ha concluso in un sibilo: - Va' giù in Direzione! Bisogna che
            tutto sia spiegato!-
               E ha fatto un cenno al bidello che lo accompagnasse.
               Questa scena si è svolta così fulmineamente che i convittori, anche dopo l'uscita del Barozzo dal
            Refettorio, rimanevano lì, ringrulliti, sempre con gli occhi fissi sulla sedia rimasta vuota.
               Frattanto la direttrice aveva dato ordine di portar via la minestra rossa e di portare in tavola l'altra
            pietanza - che era baccalà lesso - sul quale i convittori si scagliarono così affamati che esso oppose
            invano ai loro denti la più dura e stopposa resistenza.
               Io invece, per quanto avessi non meno appetito degli altri, spelluzzicai la mia porzione di baccalà
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