Page 35 - Breve storia della musica
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Agli inizi del ventesimo secolo, tutti i musicisti sentivano ormai
stretti i vincoli delle forme e dell’armonia tradizionali,
codificate sugli esempi dei classici e del primo romanticismo:
sono tentativi di spingersi ai limiti da ogni parte, procedendo
verso forme gigantesche (Mahler, Strauss, per esempio) o al
contrario molto piccole; di dilatare i confini della tonalità con il
cromatismo e continui cambiamenti di tonalità (Wagner), con
l’uso combinato di tonalità diverse e di scale non convenzionali
(Debussy, Stravinskij); di recuperare modi, ritmi e melodie dalla
tradizione popolare per aprire nuove vie (i russi, Mahler,
Bartók); di sfruttare ritmi diversi e più complessi, di utilizzare i
colori dell’orchestra, i timbri, come elementi fondamentali della
composizione (già in Berlioz, Debussy, Ravel, Stravinskij).
Nonostante tutto, però, nessuno era pronto a rinunciare
completamente a tutti gli aspetti tradizionali, e nessuno (tanto
meno il pubblico) era preparato alla svolta radicale, al momento
in cui Arnold Schönberg (1874-1951) fece il passo, o i pochi
passi che mancavano ancora per superare definitivamente il
limite.
Il limite è l’abbandono completo della tonalità (atonalismo).
Pierrot Lunaire (1912) per voce femminile e piccola
formazione da camera, è il suo primo lavoro in questa nuova
direzione e risulta incomprensibile alla maggior parte del
pubblico. Libero da quelle che ormai erano considerate
costrizioni della musica tonale e della forma classica,
Schönberg dichiara di obbedire solo alle proprie esigenze
espressive: espressionismo è l’etichetta applicata spesso alla sua
musica, con stretta parentela con il contemporaneo
espressionismo nelle arti figurative. Schönberg ha peraltro
rapporti di amicizia con Vassilij Kandinskij, figura di primo
piano nel movimento espressionista in pittura.
Alla ricerca di regole, Schönberg giunse poi alla dodecafonia,
attribuendo lo stesso valore a tutte le 12 note della scala
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