Page 90 - Storia della Russia
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contadini a uccidere i padroni, sebbene quasi sempre spinti da condizioni estreme o in
epoche di tumulti. Alcune insurrezioni contadine ebbero esiti violenti e furono sedate
dall’esercito, che solo in rarissimi casi si spinse fino a veri e propri massacri. Nonostante i
limiti posti alle lagnanze e alle petizioni, i contadini continuarono a farne buon uso, anche
se la maggior parte di loro utilizzava soprattutto forme di resistenza passiva: trascinavano i
piedi, lavoravano male, si fingevano malati, rubacchiavano. È sorprendente, dunque, che
in generale il livello di scontro e di tensione sia rimasto così basso. La servitù della gleba
offriva anche protezione e garantiva la possibilità di coltivare la terra: dal 1734 il
proprietario era tenuto per legge a nutrire i propri contadini in tempo di carestia, le
proprietà erano sicure dai briganti e tradizionalmente i contadini ricevevano una parte del
fondo per uso personale. In epoca imperiale, come abbiamo detto, emersero alcuni
imprenditori contadini di successo, la maggior parte di origini servili: per accumulare
capitale era necessaria la protezione di un signore. Inoltre, come abbiamo visto, i servi
potevano condurre vite molto differenti. All’interno del villaggio l’amministratore,
l’anziano e i capifamiglia avevano tutti posizioni di potere da difendere, ed erano di
conseguenza interessati a mantenere lo status quo. Per molti contadini, soprattutto quelli
che pagavano l’obrok, il regime servile assicurava una notevole flessibilità e autonomia,
mentre le politiche interne del villaggio andavano a volte al di là delle intenzioni del
padrone.
Questo ci riporta al modello di Spittler dello «stato contadino» che insiste sulla
relazione tra l’autarchia del villaggio, con le sue gerarchie e le sue dinamiche interne, e le
richieste esterne da parte di uno stato a caccia di risorse. Il governo poteva imporre al
villaggio la mobilitazione coercitiva delle risorse, ad esempio la tassazione, le coscrizioni
militari, di manodopera e la produzione di una particolare coltura. Ma i tentativi di
cooptare, influenzare la popolazione o comunicare con lei dipendevano dalla cooperazione
e dagli interessi sia dei rappresentanti dei contadini – l’anziano del villaggio e la comunità
– sia dei contadini stessi, che avevano i propri valori e le proprie priorità. Gli sforzi per
ammodernare le pratiche agricole – per esempio, la prescrizione da parte di Pietro I della
falce fienaia al posto del falcetto – si scontrarono con la cultura tradizionale dei villaggi.
Anche la politica dei villaggi faceva a pugni con i disegni del mondo esterno: il successo
di un contadino all’interno della sua comunità non dipendeva da un decreto governativo o
dalla volontà del proprietario terriero, e neppure dalla giustezza della sua causa, ma
dall’influenza o dalla protezione all’interno del villaggio e dalle decisioni della comune.
Gli anziani derivavano il loro potere non tanto dalla semplice esecuzione degli ordini, ma
dal farlo o meno a beneficio di se stessi, dei loro amici e del villaggio nel suo complesso.
Il governo si teneva al di fuori di queste relazioni, e solitamente faceva lo stesso anche il
proprietario. Un ruolo importante ebbero in quest’epoca le informazioni. Se si esclude
qualche precedente catasto, fu il XVIII secolo a inaugurare in Russia l’epoca delle
statistiche attendibili: i governi avevano sempre più la necessità e il desiderio di contare
ciò che stavano amministrando, e pretendevano che gli amministrati comprendessero e
accettassero il loro operato. I decreti di Pietro I sono pieni di clausole esplicative in cui si
esorta a rispettare una certa legge non solo per paura del castigo, ma per altre buone
ragioni. Tuttavia, i funzionari di città, ignoranti, pieni di pregiudizi e arroganti nei
confronti dei contadini (per non parlare delle bustarelle e della corruzione), spesso non
riuscivano a comprenderli o a persuaderli. Alla ricerca di interpretazioni razionali, si
creavano una propria immagine della campagna e delle relazioni che la governavano,