Page 85 - Storia della Russia
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Lo «stato contadino»: contadini e servi della gleba
Un altro modo di considerare questo insieme di relazioni riporta al concetto di «stato
contadino», elaborato dal sociologo rurale Gerd Spittler, che pone l’accento
sull’interazione tra la classe contadina e le autorità di governo che caratterizzarono la
Russia fino alla caduta dell’Unione Sovietica. È un modello che si può applicare a paesi
con governi relativamente autoritari, popolazione contadina e un mercato poco sviluppato.
Rappresenta uno stato dove i contadini, la maggior parte degli abitanti, forniscono le fonti
essenziali di ricchezza ma sono governati in maniera interventistica dai non appartenenti
alla loro classe; le relazioni tra la società contadina e il governo sono mediate da leader
contadini, rappresentanti o organizzazioni amministrative. Nella Russia imperiale il
governo trattava con la comunità contadina o con il proprietario pomeščik.
In una storia generale della Russia (come per ogni altro paese agrario e preindustriale) è
difficile riconoscere la giusta importanza alla classe contadina, i cui membri non erano
motori o attori principali degli avvenimenti; i lenti ritmi della vita rurale raramente
coincidevano con la rapidità degli eventi nazionali. La cultura contadina era analfabeta e
ha lasciato poche tracce scritte. Le fonti che risalgono a prima dell’epoca moderna sono
pochissime: la società contadina russa cominciò a essere documentata in maniera
accettabile solo a partire dal XIX secolo, e anche allora poco si sa della vita nelle piccole
proprietà. La società e la mentalità contadina sono molto lontane dal modo di pensare che
si diffonderà in seguito tra i cittadini istruiti. Eppure per tutta la storia russa, fino a metà
del XX secolo, i contadini formarono la vasta maggioranza della popolazione. La corte,
l’aristocrazia e i funzionari non rappresentavano che uno strato piccolissimo al di sopra
della massa contadina. Nel XVIII secolo, la popolazione urbana era circa il 4% e tutte le
categorie esenti da tasse (nobili, funzionari civili, clero, esercito) formavano nel
complesso circa il 6% degli abitanti: i contadini continuavano a essere il 90%.
È difficile anche generalizzare sulla società contadina che, nonostante i tratti in comune,
variava enormemente a seconda dei luoghi. Nelle regioni centrali e settentrionali, dove
l’agricoltura era più povera, vale a dire fuori dalla zona di černozëm, le attività non
agricole (artigianato, commercio, trasporto, vendita di legname) indebolirono il legame
con la terra e resero i contadini più dinamici. Le tradizioni dei contadini ucraini
differivano da quelle della Grande Russia. I contadini di stato avevano più autonomia dei
servi della gleba, e potevano esserci enormi disparità fra i vari regimi economici. Nella
Russia imperiale la maggior parte dei possidenti non viveva sui propri terreni (erano
lontani a prestare servizio allo stato o preferivano vivere in città, oppure possedevano più
di una proprietà), e la gestione della terra da parte di un amministratore era in genere meno
favorevole ai contadini. La fustigazione era un castigo molto diffuso. I contadini di
villaggi che dovevano prestare corvé (barščina) al loro signore vivevano sulla sua
proprietà per coltivarne i campi: i servi della gleba che pagavano in denaro o in natura
(obrok) il loro tributo potevano poi condurre tranquillamente i propri affari, se avevano
pagato i loro debiti, e godevano di una certa libertà di movimento. Le famiglie più agiate
tenevano un gran numero di contadini servi come domestici e questa «gente di corte»
viveva più di ogni altra categoria sotto il controllo diretto del padrone o della padrona: ciò
poteva comportare, nei casi più sfortunati, pesanti maltrattamenti, o all’opposto una vita
felice come servitore stabile. Quest’ultimo destino era particolarmente comune per le