Page 84 - Storia della Russia
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deboli e sottomesse; l’uso che Pietro fece dei monopoli di stato portò alla rovina dei
cittadini più facoltosi, i gosti. La riorganizzazione fece nascere qualche nuovo gruppo
sociale, i già menzionati «contadini di stato» e i raznočincy («persone di altro rango»),
categoria onnicomprensiva per coloro che non erano inquadrabili nelle categorie sociali
preesistenti. Tutto ciò influenzò la gerarchia sociale solo in minima parte. I contadini
rimasero impermeabili ai cambiamenti culturali, mantenendo intatte barbe e convinzioni,
ma furono sempre più vittime dello sfruttamento, tassati e coscritti nell’esercito come non
mai; lo zar, che aveva ricevuto proposte di abolire la servitù, la rinsaldò. La società che
emerse dal regno di Pietro I, dunque, fu sostanzialmente una versione aggiornata e
raffinata dello stato moscovita basato sul servizio, in cui egli sfruttò al massimo l’autorità
e il potere coercitivo degli autocrati moscoviti. Né l’importanza fondamentale per la
società russa del rango, delle reti di parentele e clientelismo, e del potere personale, subì
mutamenti in seguito ai cambiamenti istituzionali e alla preferenza dello zar verso
«uomini (e donne) nuovi» di umili origini. Da questo punto di vista, la sua riforma fu
conservatrice, ma si rivelò adeguata ai bisogni dell’epoca.
Molte istituzioni e riforme petrine rimasero incomplete, imperfette o inefficaci, ma in
quasi tutti i campi il sovrano pose le fondamenta per una struttura imperiale dello stato e
della vita pubblica che, con ulteriori aggiustamenti, supportò lo status di grande potenza
della Russia, durando fino al XIX secolo e, in alcuni casi, fino al 1917. Pietro I lasciò in
eredità uno stato sempre più forte dal punto di vista militare, governato da una piccola
élite privilegiata con un livello culturale via via sempre maggiore, ma che si fondava sullo
sfruttamento della sua numerosa popolazione contadina, di cui ci si assicurava la
cooperazione con un miscuglio di ideologia, forza e minima protezione; un paese, seppur
in espansione, in cui lo sviluppo dell’economia e delle risorse, e la capacità amministrativa
erano a malapena sufficienti a soddisfare le necessità di governo, soprattutto nelle
province e in periferia. Il vasto impero russo soffrì sempre di un deficit di governo.
Questo regno fu di fondamentale importanza nella storia della Russia, tanto che Pietro I
rimane termine di paragone nelle discussioni sul destino del paese. Le sue azioni, nella
loro eterogeneità e brutalità, e nelle frettolose imperfezioni e incompletezze, risolsero la
«crisi del tradizionalismo» della Moscovia nel XVII secolo e permisero alla Russia di
svilupparsi come grande potenza economica e militare. Pietro è quindi ricordato come il
creatore della Grande Russia, statista lungimirante, risoluto e infaticabile; ma anche
attaccato in quanto dispotico e crudele precursore di Stalin, che rafforzò l’oppressione e la
servitù e tentò di raggiungere il «progresso attraverso la costrizione». Da un lato lo si
ammira per aver traghettato la Russia in Europa, dall’altro lo si condanna per aver dato
vita a quella frattura culturale, sociale e spirituale tra le masse e l’élite che portò infine alla
rivoluzione. È soprattutto riguardo al regno di Pietro che gli storici hanno utilizzato i
concetti fuorvianti di «arretratezza» e «occidentalizzazione». Esistono sicuramente
modelli interpretativi più fecondi. Il regime di Pietro prefigurò numerosi tratti
dell’«assolutismo illuminato» (di cui si discuterà più oltre); egli è stato visto come colui
che introdusse una variante «statalista», controllata dal governo, del primo Illuminismo.
La Russia, inoltre, rientra anche nel concetto di stato «militar-burocratico» o «stato
fiscale» dei primordi dell’epoca moderna, organizzato per trarre il massimo dalle risorse
della popolazione a scopo militare. Eppure, non disponeva delle tecniche fiscali di cui
erano provvisti gli stati dell’Europa occidentale su cui quel modello si basava in origine.