Page 82 - Storia della Russia
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sistemi legislativi, economici e finanziari funzionanti e razionali, con personale preparato
ed esperto, erano necessari a una grande potenza quanto un esercito efficiente. Pietro
riorganizzò e rinnovò rapidamente la società russa modellandola sugli esempi migliori che
conosceva, senza tuttavia dimenticare mai le specificità e i bisogni del paese. Si interessò
alla medicina cinese, ma anche a quella olandese, alle tecniche di costruzione navale
adottate a Venezia ma anche a quelle inglesi. Riguardo all’istruzione si consultò con
tedeschi protestanti, ma permise anche ai gesuiti di aprire una scuola a Mosca. Dopo aver
mandato i russi a imparare e a addestrarsi in tutta Europa, persino in Spagna, trovò alcuni
modelli più interessanti di altri: esercitarono un’influenza particolarmente forte le potenze
nordiche protestanti. Negli anni che precedettero la battaglia di Poltava, Pietro si
concentrò sui problemi pratici e sulle necessità immediate della guerra, ma dal 1710
cominciò ad affrontare questioni più ampie: alcune delle maggiori riforme militari furono
completate solo negli anni Venti del Settecento.
Le innovazioni di Pietro interessarono quasi ogni settore della vita dello stato: lo zar
desiderava riordinare le istituzioni, modellare e disciplinare i sudditi, in particolare l’élite
aristocratica, e per farlo seguì la migliore tradizione del primo Illuminismo e si affidò al
cosiddetto «stato di polizia ben ordinato», la teoria di un governo interventistico e di una
società prospera e regolata, elaborata in Francia e dai cameralisti in Germania. Questo
approccio onnicomprensivo, razionalistico e attivista al modo di governare era nuovo per
la Russia, come nuovi erano anche il concetto di «progresso» (la parola entrò allora nella
lingua russa) e la distinzione tra sovrano e stato che si affermò con Pietro. Prese
singolarmente, quasi tutte le iniziative di questo zar avevano precedenti nel XVII secolo
(la fondazione di San Pietroburgo rappresenta l’unica eccezione). Da un lato, la sua
volontà di cambiamento e il suo amore per le usanze straniere, per il pensiero sistematico
e per la legislazione rappresentavano un’offesa per la tradizione moscovita. Molti membri
di importanti famiglie rimanevano analfabeti, le antiche consuetudini erano radicate e
rispettate, l’erudizione restava prerogativa dei monaci ed era cosa normale diffidare delle
conoscenze profane (il sapere straniero era considerato un «trucco», un «inganno» che
avrebbe portato la Russia all’umiliazione o alla perdizione). Ma dall’altro lato l’influenza
del mercantilismo, da cui derivava il cameralismo, i primi cambiamenti culturali, la
crescente secolarizzazione, le nozioni di «buon ordine» e di «bene comune», che avevano
ispirato Aleksej e Fëdor, l’immagine della «comunità devota», propria dell’élite, e il
continuo sostegno dato da Pietro all’élite e ai suoi privilegi avevano aperto la via alla
comprensione e all’accettazione delle sue idee. I risultati furono quindi contrastanti. Pietro
incontrò un’enorme resistenza nella massa tradizionalista che, tendenzialmente passiva,
esplose in rivolte, soppresse brutalmente nel sangue. Siccome nell’immaginario popolare
nessuno zar ortodosso poteva comportarsi come faceva Pietro, si diffusero voci che
l’avessero scambiato nella culla con un tedesco o che fosse l’Anticristo. Anche all’interno
dell’élite si formarono ampie frange di dissenso: Pietro dovette affrontare la rivalità dei
boiari e persino l’opposizione di molti inclini alle riforme. La resistenza più conservatrice
si concentrò intorno al probabile erede di Pietro, lo sventurato figlio di Evdokija, Aleksej
Petrovič; nel 1718 padre e figlio si scontrarono apertamente e lo zarevič, accusato di
tradimento, morì in prigione sotto tortura. A causa di questo episodio lo zar promulgò un
decreto tramite cui, con un salto radicale rispetto a tutta la tradizione precedente, rimetteva
la successione nelle mani del sovrano; il nuovo ufficio di polizia segreta, il preobraženskij
prikaz, sorvegliò sul minimo cenno di sedizione. Ma oltre agli oppositori, a corte vi erano