Page 83 - Storia della Russia
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anche molti che compresero le azioni dello zar, divenendo suoi fedeli sostenitori, gli
«uccellini del nido di Pietro».
In soli trent’anni, Pietro tentò di mutare radicalmente e rinnovare la società russa, in
particolare l’élite. Riorganizzò l’amministrazione centrale e locale, seguendo soprattutto il
modello svedese: le cancellerie centrali furono sostituite da dodici ministeri, detti Collegi,
e nel 1711 fu creato un Senato di governo che colmò il vuoto lasciato dal Consiglio dei
boiari. Nel 1700 fu istituita, senza successo, una Commissione giuridica per ricodificare le
leggi; vennero introdotte misure per favorire l’istruzione e lo sviluppo della scienza,
cominciando dalla fondazione di istituti tecnici per le forze armate (d’artiglieria nel 1699,
di navigazione nel 1701), passando per una rete nazionale di scuole elementari provinciali
e seminari ecclesiastici (1714-1722), fino ad arrivare all’Accademia delle scienze di San
Pietroburgo, creata nel 1725-1726, su suggerimento di Leibniz. L’Accademia riuniva in sé
le funzioni di centro di ricerca, dipartimento governativo e università, e anche se
inizialmente era costituita solo da stranieri, fece entrare la Russia, cosa prima
inconcepibile, nella «Repubblica dei dotti» dell’Europa settecentesca. Un primo museo, la
Kunstkammer a San Pietroburgo, esibiva la collezione dello zar di campioni e strumenti
scientifici, nonché di creature mostruosamente deformate, secondo il gusto dell’epoca.
Pietro riformò anche l’amministrazione della Chiesa, imponendole il controllo statale.
Alla morte del patriarca nel 1700 la carica fu affidata a un sostituto, fino all’abolizione del
patriarcato nel 1721. Al suo posto comparve il «Santissimo Sinodo Governativo», il
corrispettivo del Senato, ma strutturato come un Collegio. Le entrate della Chiesa furono
ridotte e le vennero imposti nuovi compiti sociali e educativi. Le celebrazioni di
importanti festività ed eventi religiosi assunsero forme più secolari; nel 1700 il vecchio
calendario, che partiva dalla creazione del mondo, fu sostituito con quello giuliano, il cui
conteggio si basava sulla nascita di Cristo. Pietro incoraggiò le arti alla maniera europea:
la corte fece da mecenate a pittori, incisori e architetti stranieri, e i programmi edilizi
statali alimentarono una «rivoluzione petrina» nell’architettura. Aprirono i primi teatri
pubblici. Fu sostenuta la stampa: dopo un tentativo fallito sotto Ivan IV, una tipografia
ecclesiastica era stata fondata sotto Michail, e negli ultimi anni della Moscovia si era
giunti a quota tre; ora le tipografie attive erano dieci, al Senato, all’Accademia delle
scienze e altrove, e fu introdotto un nuovo sistema di scrittura «civile» (1710) per
semplificare l’ornata complessità della tradizione slavoecclesiastica. Apparvero i primi
giornali; cominciò a essere pubblicato un numero sempre maggiore di libri, anche se la
produzione era irrisoria rispetto alle altre nazioni e ancora costituita per lo più da testi
religiosi. Si elaborò un nuovo vocabolario per esprimere nuovi termini militari e concetti
stranieri, dando così avvio a un’evoluzione della lingua letteraria russa che sarebbe durata
per tutto il secolo. Pietro cambiò radicalmente il modo di vivere dell’aristocrazia. Partendo
con il taglio della barba nel 1698, il governo introdusse nuovi modi di vestire, pettinarsi,
conversare, comportarsi e socializzare, imponendoli ai nobili di entrambi i sessi. Questi
cambiamenti si riversarono sui gruppi più abbienti come una tromba d’aria. La vita
quotidiana subì profonde trasformazioni, soprattutto per la corte.
Tuttavia, non solo l’attività di riforma petrina possedeva solide basi secentesche, ma in
settori di cruciale importanza non modificò nulla, rafforzando anzi le strutture moscovite.
Le relazioni tra i diversi gruppi sociali restarono sostanzialmente invariate e la nobiltà
continuò a dominare la società. Davanti alle richieste del governo le città rimanevano