Page 88 - Storia della Russia
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da un’unità contadina economicamente forte. La moglie del bol’šak, a sua volta, dominava
        sulle donne della casa, soprattutto sulle nuore. Le donne erano considerate esseri inferiori:
        la  cultura  russa  abbonda  di  proverbi  contadini  spesso  misogini,  che  parlano  di  capelli
        lunghi e intelligenza corta o sostengono che «un granchio non è un pesce e una donna non
        è  una  persona».  Erano  inoltre  spesso  vittime  di  violenze  fisiche,  che  generalmente
        subivano dal marito («Più batti la tua vecchia, più è saporita la zuppa»), e di abusi sessuali
        perpetrati dal capofamiglia e dai pomeščiki libertini (nel XVIII secolo alcuni proprietari
        avevano harem di giovani contadine). Tuttavia, un uomo non era pienamente un contadino
        senza una moglie (e un cavallo): le donne, infatti, contribuivano in maniera essenziale al
        benessere  e  alla  cultura  del  villaggio,  non  solo  come  madri  e  lavoratrici  con  le  stesse

        incombenze  degli  uomini,  ma  anche  come  depositarie  del  sapere,  che  predicevano  il
        futuro, narravano storie popolari e tramandavano tradizioni.
           Nel villaggio il lavoro era costante, meno intenso nei lunghi inverni paralizzati dalla

        neve  e  più  duro  nella  breve  stagione  estiva  del  raccolto,  il  «periodo  della  sofferenza»,
        quando si dovevano ottenere i frutti a tutti i costi. Nel XVII secolo il sistema di rotazione
        delle colture, con coltivazione a strisce, si era ormai diffuso quasi ovunque; la coltura di
        maggiore  consumo  era  la  segale.  Il  XVII  e  il  XVIII  secolo  sono  il  periodo  in  cui  il
        commercio, soprattutto di grano, passò dai mercati locali a quelli regionali, e dagli anni
        Sessanta  del  Settecento  l’esportazione  di  questo  prodotto  cominciò  a  crescere.  Con
        l’ingresso  della  Russia  in  mercati  più  ampi  i  prezzi  salirono  raggiungendo  quasi  gli
        standard europei (si ebbe una «rivoluzione dei prezzi»). Di questi sviluppi beneficiarono i
        contadini,  ma  soprattutto  i  nobili  proprietari  terrieri.  Nella  maggior  parte  dei  casi  le
        eccedenze dei contadini non erano ingenti, anche se alcuni furono in grado di vendere il
        proprio grano, mentre le calamità naturali potevano distruggere completamente le colture:
        in  media  una  o  due  volte  ogni  dieci  anni  si  ottenevano  raccolti  poverissimi.  In  periodi

        normali i contadini russi vivevano in condizioni economiche ragionevolmente buone, ma
        le carestie erano sempre in agguato. Questo portava i contadini ad avere un atteggiamento
        conservatore,  ostile  a  ogni  nuova  «invenzione  moderna»  che  consideravano  rischiosa,
        specialmente se contraria alla loro visione del mondo. Adottavano invece razionalmente le
        innovazioni di cui comprendevano l’efficacia. Intorno al 1840 si cercò di diffondere nelle
        campagne  la  coltivazione  della  patata,  introdotta  in  Russia  alla  fine  del  XVII  secolo.  I
        contadini la rifiutarono: la ritenevano un’infernale «mela del diavolo» perché cresceva a
        rovescio; ci vollero parecchi decenni perché la nuova coltura fosse generalmente accettata.

           Abbandonare per sempre il villaggio era possibile, anche se difficile. In epoca imperiale
        un numero considerevole di contadini si trasferì e si registrò nelle città. Ma si trattava di
        un processo complicato e costoso, e dopo il 1722 i servi della gleba dovettero ricevere il
        permesso  del  padrone.  I  contadini,  in  generale,  si  allontanavano  per  lavoro  solo
        temporaneamente,  si  univano  in  gruppi  con  i  loro  compaesani  o  con  lavoratori  locali
        (zemljačestvo)  per  formare  cooperative  (arteli)  che  rispecchiavano  la  loro  comunità
        originaria  e  dove  vigeva  un  regime  di  mutuo  soccorso.  La  migrazione  dei  lavoratori
        stagionali  divenne  pratica  su  larga  scala  solo  nel  XIX  secolo,  ma  già  nel  XVIII  un

        osservatore la paragonò agli spostamenti degli stormi di uccelli. Per il contadino medio,
        tuttavia, il mondo esterno al villaggio era un luogo ostile. Chi veniva da fuori, di solito,
        non  aveva  buone  intenzioni:  erano  nuovi  contadini  che  rivendicavano  appezzamenti  di
        terreno,  mercanti  disonesti  o  banditi,  e  i  villaggi  disponevano  soltanto  di  rudimentali
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