Page 92 - Storia della Russia
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I successori di Pietro (1725-1762):
l’epoca delle rivoluzioni di palazzo
Pietro I morì nel 1725, all’età di cinquantadue anni, per una malattia della vescica e
cancrena, e per l’indecisione dei suoi dottori. Benché avesse decretato che doveva essere il
sovrano a nominare il proprio successore, Pietro fu sopraffatto dalla malattia senza aver
designato nessuno. Gli successe la seconda moglie Caterina, una giovane serva catturata
durante la guerra in Livonia. Caterina (con questo nome era stata battezzata convertendosi
all’ortodossia) era giunta al vertice del potere divenendo prima amante del favorito dello
zar, Aleksandr Menšikov, e poi dello zar stesso. Fu la madre dei suoi figli, moglie e infine
incoronata nel 1724. La sua ascesa al trono, nonostante le rivendicazioni dei giovani
maschi dei Romanov, fu dovuta alla pronta azione di Menšikov, che la fece proclamare
zarina dalla Guardia. Questo fu il modello successorio per il secolo seguente: fino al 1801,
i sovrani più stabili e saldi saranno donne, la metà delle quali giunte al potere attraverso un
colpo di stato, una «rivoluzione di palazzo» sostenuta dalla Guardia. Il decreto sulla
successione a opera di Pietro, solitamente ritenuto responsabile di questi avvenimenti,
ebbe un’influenza trascurabile: i colpi di stato riflettevano l’assenza di candidati maschi
convincenti e l’instabilità della politica di corte del periodo. Per ricevere sostegno nel suo
governo, Caterina creò un Supremo consiglio segreto formato da esperti uomini politici.
La zarina morì nel 1727, lasciando il trono a Pietro II, l’erede da lei designato, nonché
nipote di Pietro I. Ma la notte prima delle nozze nel 1730, il giovane principe morì
improvvisamente di vaiolo, senza aver nominato un erede.
I membri del Supremo consiglio segreto decisero allora di offrire la corona ad Anna
Ioannovna (Ivanovna), vedova del duca di Curlandia, nonché nipote di Pietro I, a
condizione che la nuova zarina accettasse di porre limiti alla sua autorità. In pratica,
queste «condizioni» trasferivano i poteri al Consiglio segreto. Anna, abituata a condurre
una vita povera e isolata tra il suo ducato baltogermanico e le proprietà in Russia, accettò
immediatamente. Notizie dell’accordo trapelarono fra i nobili radunati per l’incoronazione
di Pietro II e il Consiglio dovette fidarsi di loro; questi, però, si resero conto delle evidenti
pretese oligarchiche che il Consiglio stava accampando. Al suo arrivo Anna fu avvertita
della situazione: la zarina si nominò colonnello di uno dei reggimenti della Guardia e,
sostenuta da questa, affrontò apertamente i consiglieri facendo a pezzi le «condizioni» e
assumendo il potere assoluto. Così fallì miseramente l’unico tentativo nel XVIII secolo di
porre limiti costituzionali al potere del sovrano. Per conciliare e premiare la nobiltà Anna
alleggerì le condizioni di servizio, abrogò l’odiata legge sull’eredità, promulgata da Pietro
nel 1714, e creò uno speciale Corpo dei cadetti nobili di fanteria (1730) per offrire ai
nobili un’educazione esclusiva. Abolì, inoltre, il Supremo consiglio segreto, ridando al
Senato la sua dignità di organo supremo del governo.
Anna si portò dietro un seguito di cortigiani baltotedeschi, tra cui il suo favorito, Ernst
Bühren (Biron). Il suo regno (1730-1740) rimase tristemente noto come un’epoca di
tirannia straniera, la bironovščina («il malefico regno di Biron»), ma in realtà, a parte un
certo numero di tedeschi influenti, la sua amministrazione non fu né particolarmente
tedesca né particolarmente tirannica. La sua cattiva reputazione fu costruita a posteriori
dai pubblicisti di colei che salì successivamente al trono: la figlia nubile e spensierata di
Pietro, Elisabetta (Elizaveta Petrovna, 1741-1761), giunta al potere grazie a un colpo di