Page 237 - Storia della Russia
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L’economia dopo Stalin

        La «rivoluzione staliniana» aveva generato un’economia «di comando» a pianificazione
        centrale,  fondata  sulla  proprietà  statale  di  tutte  le  risorse  materiali,  su  disciplina  e
        costrizione:  un  sistema  particolarmente  adatto  al  rapido  sfruttamento  delle  risorse,
        finalizzato  a  una  crescita  intensa  e  generalizzata.  Il  suo  cervello  era  il  Gosplan,  il  suo
        sistema  nervoso  la  catena  di  comando  del  partito:  la  rete  politica  e  amministrativa  di
        quest’ultimo era essenziale per il suo funzionamento. Lo scopo principale era adempiere

        agli obiettivi dei piani quinquennali stabiliti a livello centrale, previsti e calcolati in genere
        fin  nei  minimi  dettagli  quantitativi  (di  numero,  peso,  dimensioni  e  volume);  di
        conseguenza,  esso  forniva  pochi  incentivi  per  migliorare  altri  obiettivi,  non  meno
        importanti: la qualità dei prodotti, la soddisfazione dei consumatori, l’efficienza dei costi o
        l’eliminazione di sprechi e fattori d’inquinamento. Eppure, nonostante si trattasse di un
        sistema pianificato che rifiutava la competizione e si opponeva alla libera scelta, al suo
        interno rimasero sempre presenti alcuni elementi di economia di mercato, che si potevano
        rintracciare  nelle  modalità  di  assunzione  o  nelle  scelte  individuali  di  consumo,  e
        soprattutto  nel  commercio  estero  e  nel  «settore  privato»  interno,  vale  a  dire  aree
        dell’attività economica in cui si poteva operare al di fuori del sistema (il contrabbando e
        l’economia  sommersa,  i  servizi  personali  e  gli  appezzamenti  delle  famiglie  contadine).
        Negli anni Settanta e Ottanta il «settore privato» costituiva circa il 10% del PIL.
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