Page 232 - Storia della Russia
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La supremazia di Chruščëv, 1957-1964

        Una volta avuta mano libera, Chruščëv sposò la politica di Malenkov, che proponeva un
        miglioramento delle condizioni di vita per la popolazione: il benessere materiale che ne
        sarebbe derivato avrebbe sostituito il terrore come stimolo alla mobilitazione. Nel 1956 un
        sistema salariale basato su incentivi e un certo allentamento della disciplina industriale
        resero più tollerabile la vita in un’economia con lavoratori sottopagati e alle prese con la
        penuria di merci. Come diceva una celebre battuta di quegli anni: «Loro fanno finta di

        pagarci, noi facciamo finta di lavorare». I prezzi di approvvigionamento dei kolchoz e i
        profitti dei contadini continuarono ad aumentare, anche se gli appezzamenti privati furono
        rimpiccioliti  e  le  autorità  accelerarono  il  processo  di  fusione  dei  kolchoz  in  unità  più
        grandi. Chruščëv elaborò un vasto programma edilizio che prese avvio dopo il 1953. I suoi
        palazzi prefabbricati a molti piani, mal costruiti, imposero una grigia uniformità alle città
        sovietiche, e furono definiti chruščëby (un incrocio tra Chruščëv e truščoby, «tuguri»), più
        durevoli,  ma  non  meno  problematici  dei  palazzi  inglesi  degli  anni  Sessanta.  Lo  spazio
        disponibile  a  persona  rimase  molto  limitato,  ma  da  un  punto  di  vista  meramente
        quantitativo  il  progetto  fu  un  successo:  tra  il  1955  e  il  1964  la  disponibilità  di  alloggi
        dell’Urss quasi raddoppiò e il costo di affitti e utenze domestiche rimase estremamente
        basso. È un fattore particolarmente importante perché nel 1960, per la prima volta nella
        storia,  i  sovietici  che  abitavano  nelle  città  avevano  raggiunto  il  numero  di  coloro  che
        vivevano in campagna (gli abitanti delle zone rurali costituivano il 52% della popolazione
        nel 1959, il 44% nel 1970, il 38% nel 1980). Anche la produzione alimentare migliorò

        gradualmente, e il piano settennale inaugurato nel 1959 ottenne risultati notevoli: il  PIL
        crebbe del 58%, la produzione industriale dell’84% e quella dei beni di consumo del 60%.

        Alla  destalinizzazione  interna  corrispose,  a  livello  internazionale,  la  dottrina  della
        «coesistenza pacifica»; divenne possibile qualche limitato contatto con gli stranieri, e a
        pochi privilegiati furono concessi persino viaggi all’estero.

           Nel 1961, Chruščëv redasse il nuovo programma per il XXII Congresso del partito, nel
        quale si dichiarava che l’Unione Sovietica era lo «stato di tutto il popolo»: un’altra mossa
        in  direzione  opposta  allo  stalinismo.  Il  cadavere  di  Stalin  fu  rimosso  dal  mausoleo  e
        tumulato  accanto  alle  mura  del  Cremlino  insieme  ai  leader  minori;  Stalingrado  fu
        ribattezzata  Volgograd.  Il  Congresso  fissò  per  i  beni  di  consumo  precisi  obiettivi  di
        produzione,  parlando  di  sorpassare  gli  Stati  Uniti,  e  proclamò  di  poter  raggiungere  il
        comunismo  maturo  entro  il  1980.  Si  discusse  anche  della  nascita  di  un  «nuovo  uomo
        sovietico» che incarnasse, con la maturazione della società sovietica, i più alti valori della
        civiltà. Questi traguardi richiedevano una maggior partecipazione sociale e un ulteriore
        sviluppo  della  legalità  socialista.  Il  sistema  giudiziario  venne  quindi  riformato,
        introducendo maggiore rigore e aderenza alle procedure legali e alcuni elementi esterni
        come  i  «tribunali  di  compagni»  non  professionisti  e  i  družinniki,  pattuglie  ausiliarie
        composte da civili. Tuttavia, rimasero in vigore lo stretto controllo sulla vita dei cittadini e

        il sistema degli informatori: la Russia era ancora uno stato di polizia.

           Chruščëv riorganizzò le strutture dell’industria e del partito, indebolito da Stalin, per
        restaurarne  prestigio  ed  efficacia,  e  preparare  la  strada  in  campo  economico  a  una  più
        ampia autonomia delle amministrazioni locali. Nel 1957 le funzioni dei ministeri centrali
        furono demandate a 105 consigli economici regionali (sovnarchozy), guidati dai comitati
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