Page 233 - Storia della Russia
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di partito e suddivisi tra industria e agricoltura. I funzionari ministeriali non gradirono il
        cambiamento:  il  partito  ne  risultò  rafforzato,  ma  i  quadri,  assegnati  ai  ranghi  inferiori
        dell’amministrazione agricola, inevitabilmente, ne rimasero offesi. Ancora meno tollerata
        fu la rotazione, a norma di legge, delle cariche all’interno del partito. Questa misura, che
        andava in direzione dell’efficienza e della trasparenza, minacciava infatti i privilegi e le
        certezze della nomenklatura.

           Un ulteriore miglioramento dell’agricoltura (vedi oltre) era assolutamente necessario.
        Chruščëv  proseguì  sulla  strada  delle  sovvenzioni  statali,  ottenendo  in  generale  buoni
        risultati.  I  tentativi  autocratici  di  gestire  direttamente  dall’alto  le  attività  rurali  si
        dimostrarono,  però,  controproducenti,  come  la  pessima  campagna  del  granturco,  in  cui
        furono  ignorati  i  pareri  degli  esperti  e  vennero  seminati  terreni  inadatti.  La  fiducia
        rinnovata da Chruščëv al ciarlatano Lysenko (che cadde finalmente in disgrazia solo nel
        1965) continuava a nuocere al progresso agricolo. La nuova organizzazione dei kolchoz

        provocò  inoltre  difficoltà  economiche,  nonché  danni  e  stravolgimenti  alla  produzione;
        sebbene dal 1953 il rendimento agricolo fosse notevolmente cresciuto, due cattivi raccolti,
        nel 1962 e nel 1963, fecero scendere la produzione agricola sotto i livelli del 1958. In città
        i consumatori risentirono in parte dell’aumento dei prezzi, dovuto alla maggiorazione dei
        costi  di  approvvigionamento;  questi  fatti,  aggravati  dalla  diminuzione  dei  salari  degli
        operai,  nel  1962  fecero  scoppiare  rivolte  a  Novočerkassk  (ventitré  persone  vennero
        fucilate) e in altre zone del paese. Sfidato proprio da quella classe operaia che sosteneva di
        rappresentare, il governo fu costretto a importare a caro prezzo il grano dall’estero, una
        misura sgradevole che divenne in breve prassi regolare.

           Il  governo  affrontò  anche  questioni  ideologiche  e  il  problema  della  libertà
        d’espressione.  Durante  la  guerra,  lo  stato  aveva  stretto  con  le  diverse  Chiese  un
        concordato  non  ufficiale,  ma  nel  1948  la  repressione  ideologica  non  aveva  risparmiato
        nemmeno  la  religione.  Ora,  le  rivelazioni  del  1956  e  la  liberazione  dai  campi  dei
        prigionieri condannati per la loro fede portarono a un’improvvisa rinascita delle attività
        religiose.  Chruščëv,  comunista  ateo  convinto,  attaccò  questa  forma  di  eterodossia.  Dal
        1958 fu scatenata una vasta campagna nel corso della quale la giurisdizione dei parroci fu

        limitata,  le  entrate  della  Chiesa  vennero  confiscate,  molte  chiese  furono  chiuse,  le
        gerarchie  ecclesiastiche  e  i  semplici  credenti  perseguitati.  Alcune  confessioni  furono
        proibite,  mentre  si  istituirono  cerimonie  civili  per  sostituire  riti  religiosi  come  il
        matrimonio  e  il  battesimo:  nel  1959  fu  inaugurato  a  Leningrado  il  primo  Palazzo  dei
        matrimoni.  Ai  cristiani  ortodossi  fu  riservato  un  trattamento  diverso  rispetto  ai  non
        ortodossi;  quando  la  campagna  antireligiosa  nel  1963-1964  volse  al  termine,  i  gruppi
        dissidenti, come ad esempio quello battista, rimasero sotto la stretta sorveglianza statale.

           La  stessa  disciplina  fu  applicata  al  mondo  dell’arte.  Dopo  il  1954,  con  il  «disgelo»,
        l’«intellighenzia  creativa»  aveva  acquisito  nuove  libertà.  Si  diffusero  jazzisti  e  pittori
        sperimentali. Rimase in piedi una forte censura, ma pubblicare opere letterarie divenne
        leggermente più semplice. I giovani poeti Evgenij Evtušenko, Andrej Voznesenskij e Bella
        Achmadulina scrissero anche versi esplicitamente politici. Nel 1956, col suo romanzo Non
        si vive di solo pane, Vladimir Dudincev attaccò la corruzione industriale e la burocrazia; la
        guerra  divenne,  inoltre,  un  tema  letterario  ricorrente  e  autorizzato.  Altri,  come  la
        Achmatova e Pasternak, rimasero nell’ombra, e il secondo fu costretto a rifiutare il premio

        Nobel che gli venne assegnato nel 1958, dopo l’uscita del Dottor Živago (pubblicato in
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