Page 230 - Storia della Russia
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descriveva  nel  dettaglio  i  problemi,  soprattutto  agricoli,  della  vita  di  provincia.  Le
        contestazioni, però, non tardarono a farsi sentire e il processo di liberalizzazione dovette
        procedere a una velocità moderata, per non compromettere o destabilizzare la dirigenza.
        Venne proclamata la «legalità socialista», ma la destalinizzazione non fu mai completa:
        chi veniva rilasciato o riabilitato si doveva accontentare di concessioni limitate, nel timore
        di ulteriori repressioni.

           Subito dopo il 1953, emerse una leadership collettiva. Gli equilibri di potere personale e
        di  fazione  si  intrecciarono  con  i  temi  politici  del  momento:  il  paese,  infatti,  stava
        attraversando una difficile fase economica. Mentre l’industria si era bene o male rimessa
        in piedi, l’agricoltura produceva cibo a malapena sufficiente per sfamare la popolazione: i
        raccolti  di  grano  del  1949-1953  furono  sotto  i  livelli  del  1913.  La  guerra  e  il  terrore
        avevano  squilibrato  i  rapporti  demografici  e  in  particolare  la  proporzione  tra  uomini  e
        donne. Le normali infrastrutture cittadine (per non parlare di quelle in campagna) erano

        assenti o ridotte al minimo; la mancanza dei beni di consumo e dei servizi di base, nonché
        l’obbligo di passare ore in fila per ottenere anche merci di prima necessità, diminuivano la
        produttività dei lavoratori.

           Le  misure  da  adottare  per  risolvere  questi  problemi  divennero  parte  integrante  della
        lotta  per  il  potere.  Malenkov,  fautore  di  una  maggiore  attenzione  ai  bisogni  dei
        consumatori, era in fase di ascesa grazie all’appoggio del Consiglio dei ministri; ma lui e i
        suoi compagni furono presto oscurati dall’astro nascente di Chruščëv, che nel settembre
        del 1953 divenne primo segretario del Comitato centrale del partito. Chruščëv, contando
        su una base di consenso nel partito, sostenne gli interessi dell’industria pesante e bellica.
        Tutta la dirigenza era consapevole della necessità di risanare l’agricoltura: tra il 1952 e il
        1958  i  prezzi  di  approvvigionamento  quasi  triplicarono  e  i  profitti  dei  contadini
        aumentarono  più  rapidamente  di  quelli  degli  operai.  Chruščëv  legò  il  suo  nome  alla
        «campagna delle terre vergini», l’espansione agricola nelle vaste steppe del Kazachstan.
        Per coltivarle furono reclutati migliaia di volontari. Il progetto rappresentò l’ultima grande
        mobilitazione,  paragonabile  a  quella  di  Magnitogorsk,  e  inizialmente  fu  un  grande
        successo. Presto, però, molte zone arate non protette si desertificarono.


           Chruščëv cercò di sfruttare il problema dell’eredità di Stalin per mettere sotto scacco i
        suoi avversari. Nel 1955 i gravi fatti avvenuti durante la dittatura staliniana erano stati
        ormai  documentati  formalmente  e  nel  dettaglio,  e  contro  la  volontà  del  Presidium,
        Chruščëv  si  assunse  la  responsabilità  di  denunciarli  al  XX  Congresso  del  partito,  nel
        febbraio  del  1956.  Le  rivelazioni  e  la  loro  diffusione  dovevano  essere  sottoposte  a  un
        rigido  controllo.  Il  «rapporto  segreto»  di  Chruščëv,  che  denunciava  il  culto  della
        personalità e i crimini di Stalin, fu letto in una sessione straordinaria a porte chiuse del
        Congresso e reso pubblico in patria e all’estero solo parzialmente. Esso si concentrava
        soprattutto  sugli  attacchi  alla  nomenklatura,  dal  1934  in  poi,  assolvendo  da  ogni
        responsabilità  gli  attuali  membri  del  Presidium:  collettivizzazione  e  piani  quinquennali
        erano quindi visti con favore, mentre sul terrore in generale si passò oltre, glissando anche
        sulla complicità personale degli altri leader (Chruščëv stesso era colpevole di massacri in
        Ucraina e in Polonia). Detronizzato Stalin, Lenin fu esaltato come il faro del socialismo
        sovietico: Chruščëv, sinceramente comunista, credeva che lo stato sovietico monopartitico
        andasse  mantenuto,  anche  se  in  una  forma  più  legale  e  umana.  Il  «rapporto  segreto»

        divenne  noto  rapidamente,  destando  enorme  scalpore:  all’estero  provocò  disordini  e
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