Page 208 - Storia della Russia
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anni Venti una nuova Commissione centrale permanente per le questioni religiose (1929-
        1938)  attuò,  e  cercò  di  controllare,  una  dura  politica  antireligiosa.  I  sindacati  ufficiali
        vennero promossi, ma all’interno del sistema sovietico, anziché essere organi indipendenti
        a  tutela  del  benessere  dei  lavoratori,  divennero  strumenti  che  lo  stato  utilizzava  per
        imporre  la  disciplina  industriale.  La  fabbrica,  e  più  in  generale  il  posto  di  lavoro,  si
        trasformò nel fulcro dell’organizzazione sociale urbana, da cui dipendeva l’accesso a beni
        materiali come l’alloggio, l’assistenza all’infanzia, le vacanze e le case di riposo. Dirigenti
        e lavoratori avevano comune interesse alla stabilità e alla sicurezza dell’impiego.

           Effettive  o  solo  potenziali,  queste  trasformazioni  sociali  impressionanti  riuscirono  a
        motivare e ispirare le masse, con effetti e conseguenze di larga portata. Come in tutti i
        cambiamenti  sociali,  la  realtà  spesso  non  corrispose  ai  progetti  iniziali,  ma  le  novità
        dimostrarono una concreta possibilità di mutamento. D’altro canto, però, le conseguenze
        della guerra civile resero molto dura la vita quotidiana. Durante la NEP la disoccupazione

        urbana dilagava; i salari erano bassi e gli alloggi pessimi; folle di orfani avevano invaso le
        strade delle città, rifiutando di vivere in brefotrofi poco o per nulla attrezzati. I datori di
        lavoro  e  persino  i  sindacati  scoraggiavano  gli  scioperi  perché  dannosi  alla  produzione;
        nella prassi la contrattazione collettiva dei salari lasciò il posto ad accordi a livello locale.

           Durante la NEP, sebbene in misura minore, anche la campagna fu interessata da questi
        cambiamenti.  La  popolazione  sovietica  rimaneva  ancora  per  la  stragrande  maggioranza
        rurale, l’82% dei 147 milioni di abitanti, come risultò dal censimento del 1926. Nel corso
        della  rivoluzione  i  contadini  avevano  risolto  il  problema  della  terra  secondo  le  proprie
        convinzioni, vale a dire distribuendola tra chi la coltivava. Persino a molti ex proprietari
        era stato accordato il permesso di rimanere, se erano disposti a lavorare in prima persona,
        cioè a diventare contadini. Nella sola RSFSR, nel 1927 erano registrati 10.756 ex possidenti
        di questo tipo. L’Assemblea comunitaria del villaggio, formalmente regolamentata dalla
        legislazione  agraria  del  1922,  e  ora  più  ampia  rispetto  all’epoca  zarista,  continuava  a
        funzionare secondo i suoi schemi tradizionali e in provincia era praticamente autonoma,
        come mai prima nella sua storia: l’intervento governativo era debole e i fondi stanziati per
        i  soviet  rurali  scarsamente  finanziati.  La  rivoluzione  aveva  comunque  dato  il  via  a  un

        rinnovamento  nelle  campagne.  I  funzionari  del  Commissariato  del  popolo  per  la  terra
        (Narkomzem) portarono avanti il lavoro cominciato dagli uomini di Stolypin, sostenendo
        la  razionalizzazione  della  gestione  delle  terre  e  lo  sviluppo  dell’agronomia.
        Propagandarono  i  metodi  collettivi  –  cooperative,  comuni,  kolchoz  –  ottenendo,  però,
        pochi riscontri prima della collettivizzazione di massa. Le nuove esperienze portarono a
        ulteriori cambiamenti. Prendiamo, ad esempio, la descrizione del villaggio di Virjatino,
        nella regione di Tambov, vicino alle miniere del Donbass, se è possibile dar credito a un
        resoconto sovietico autorizzato e ottimistico:


              Negli anni della  NEP si cominciò a usare l’acciaio come materiale per costruire i tetti […] [alla fine degli] anni
              Venti il mobilio [delle case] migliorò notevolmente. Si riservò maggiore attenzione alla pulizia; muri e pavimenti
              delle abitazioni in legno venivano lavati più di frequente e le case di mattoni erano imbiancate due o tre volte
              l’anno. Le tavole erano sempre coperte da tovaglie; la tela cerata divenne molto popolare. Si prese l’abitudine di
              appendere tende alle finestre [e…] davanti alla […] stufa. […] I muri venivano tappezzati con la carta da parati o
              decorati  con  manifesti  e  scene  della  guerra  civile.  Anche  l’uso  ornamentale  delle  fotografie  sulle  pareti  stava
              diventando  sempre  più  popolare.  L’influenza  della  borghesia  urbana  […]  si  rivelò  tuttavia  uno  dei  più  tenaci
              residui del capitalismo, e il salotto era generalmente arredato in modo volgare e senza gusto.

           Possiamo confrontare questo quadro con le condizioni di vita rurale sul Volga, descritte
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