Page 209 - Storia della Russia
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qualche anno prima da un lavoratore inglese, venuto in soccorso in quei territori a causa
della carestia (Samara, 1924):
Le attuali condizioni di vita sono misere e squallide al di là di ogni immaginazione, e anche i contadini più ricchi
vivono in uno stato che creerebbe indignazione in ogni parte dell’Inghilterra. […] Le case migliori hanno una
parvenza di solidità e comodità. Sono fatte di tronchi tagliati ben legati tra loro, con corti tetti di lamiera, pareti
interne coperte di assi e pavimenti ben rialzati dal terreno. La normale baracca di tronchi ha il tetto ricoperto di
paglia, mura senza rivestimenti e le assi del pavimento spesso poggiate direttamente a terra. La più orribile e
miserabile di tutte è quella in fango, con mura che si crepano in estate e vengono sciolte dagli acquazzoni
primaverili, e un pavimento di creta o terra battuta. […] Una casa di mattoni […] è una rarità. La mancanza di un
adeguato rifornimento idrico rende difficile lavarsi anche in estate, e d’inverno si evita l’acqua il più possibile. In
queste miserabili condizioni […] l’inverno dona un po’ di sollievo. Il marito si siede a discutere […] con i vicini;
tutti fumano un pessimo tabacco coltivato in casa e avvolto nella carta di giornale. La moglie fila lino o canapa e i
bambini siedono silenziosi lungo le pareti. Le porte sono ben chiuse, le finestre sigillate ermeticamente e
l’atmosfera che ne deriva non si può descrivere; solo con l’esperienza ci si può rendere conto di quanto sia
velenosa. La sera l’unica luce è una lampada a paraffina, spesso fatta in casa. L’abitudine diffusissima di
masticare semi di girasole e sputarne le bucce per terra rende ancora più sporca e disordinata la baracca.
La collettivizzazione del 1929-1932 produsse una grande mobilità sociale, lo
spostamento di milioni di persone e una rapida urbanizzazione; il rinnovamento della
società fu facilitato anche dalle purghe e dalle carestie. Questi sviluppi si accompagnarono
a grandi cambiamenti nel campo dell’istruzione. Dal 1930 l’istruzione elementare divenne
obbligatoria; i programmi scolastici e i metodi di insegnamento tornarono a essere più
tradizionali e nel 1937 furono reintrodotte le uniformi. Il numero degli studenti della
scuola dell’obbligo salì dagli 11,6 milioni del 1927 a 21,4 milioni nel 1933. Anche
l’istruzione superiore si diffuse maggiormente. Dalla fine degli anni Venti grandi sforzi
furono intrapresi per formare una nuova generazione di «specialisti rossi», allo scopo di
superare la persistente dipendenza del regime dagli «specialisti borghesi». Giovani e
promettenti lavoratori, scelti dagli organi ufficiali (Komsomol, partito, sindacati),
venivano mandati in istituti tecnici di istruzione superiore dove ricevevano un’educazione
teorica e pratica preparatoria agli incarichi amministrativi. Questi vydvižency, già
menzionati in precedenza, furono circa 150.000 e costituivano nel 1929-1932 un terzo di
tutti gli studenti di livello universitario; dopo la laurea trovavano rapidamente impiego in
qualsiasi settore della vita pubblica, soprattutto nella nomenklatura, diventando fedeli
sostenitori di un sistema cui dovevano un tale evidente miglioramento della loro
condizione sociale. Questo consenso giocò un ruolo significativo negli sviluppi degli anni
staliniani.
L’esodo dalla campagna alla città, che interessò dodici milioni di contadini, rappresenta
il mutamento sociale di maggior rilievo. I contadini di Virjatino, che prima lavoravano
stagionalmente nelle miniere del Donbass, vi si trasferirono ora in pianta stabile.
L’afflusso massiccio di contadini produsse una notevole «ruralizzazione» dei centri urbani,
causando spesso anche tensioni con i lavoratori già presenti sul territorio, che
monopolizzavano i posti migliori. Sotto l’influenza delle esperienze urbane, la cultura dei
contadini trasferiti in città finì per divenire ibrida, come risulta evidente dal tipo di
vestiario e dal gusto per il kitsch lamentato a Virjatino. Questo stato di cose tendeva ad
alimentare e accelerare i conflitti generazionali: i figli urbanizzati non accettavano gli usi
contadini delle loro famiglie. Ciononostante, in città e in campagna la mentalità contadina
resisté e si conservò. Nei centri urbani i contadini frequentavano solo compaesani, amici e
parenti, e non furono quasi toccati dall’ideologia radicale alla base della «rivoluzione